mercoledì 25 settembre 2013

FEMMINICIDIO



Per me riguarda tutti.
Il debole e l’oppresso
o l’uomo prigioniero
e qui non c’entra il sesso,
ma la comunità,
dov'opera indefesso
chi è senza pietà.
Io spero vivamente
che un giorno arriverà
chi spiana la montagna
della tua crudeltà
e dica finalmente,
intemerato il cuore,
chi è della semente
il vero agricoltore.
Per tutto quel dolore
che hai seminato al mondo
per te l’inferno vero
non sarà mai profondo,
ma il guanto della sfida
che ci hai gettato in faccia
nessuno lo raccoglie
in questa società.
La chiamano giustizia,
la chiamano bontà,
ma la parola vera
è solo iniquità.
Di chi non sente il suono
del grido di dolore
e parla di perdono
mentre la gente muore.
Di quel che l’ha confusa
la tolleranza giusta,
al reo solo le fusa
e vittime alla frusta.
A lui la remissione
in nome del buon dio,
a lei solo l’oblio.
Parole imbalsamate
di retoricità
e loro massacrate
dalla stolidità.
Stipendi favolosi,
pensioni d’altro mondo,
l’Italia nei marosi
del male più profondo
per tanta inanità.
E quel santo contratto
che chiamano sociale
l’han bello che disfatto
salvando quel maiale
 che poi ci ride in faccia,
dopo che l’avvocato,
che la giustizia taccia,
l’ha appena scarcerato.
Povero Beccaria,
strizzato per benino
solo per liberare
un perfido assassino.

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