martedì 26 gennaio 2016

EURO UNO



Mi sveglio come sempre una mattina
e  vedo sotto casa dai balconi
ch’hanno impiantato una centralina,
nella mia città,
da cui escono in alto tanti fili
che servono per dir la quantità
di polveri sottili.
Son quelle che danneggiano i polmoni,
ci dicono gli esperti del momento,
prodotte dalle moto-combustioni
e poi disperse dallo scappamento.
Ma adesso, ed era ora,  finalmente
han preso le dovute decisioni
i sindaci tutori dell’ambiente!
Bloccando dieci macchine euro uno
e poi da euro due fino a tre
un centinaio forse su per giù,
che di sfigati tanti non ce n’è.
Per farne circolare anche milioni,
purché però dall’euro quattro in su.

domenica 17 gennaio 2016

SCARNICCHIA



S’entravi dentra ‘l  Cinema Ducal
dietra ‘l bancon c’era na spec de nicchia
propri tel mezz, in position central,
e do ce stava sempre lo: Scarnicchia.

No, tun chel temp, stavam sempre a guardé,
perché‘n cera na lira manc per piagna,
e per gì a veda un film sensa paghé
i facevam intorne na gran lagna.

Mo sensa na parola d’spiegasion
Scarnicchia ce butava sempre fora,
sensa nessun riguard o compassion
qualunque fossa ‘l temp, el giorne o l’ora.

Acsé na gran tristessa ce calava
che ce spegneva dentra ogni allegria,
a veda tutt cla bella gent  ch’entrava
mentre ma no… lo ce mandava via.

Era vecchiott e stort e tutt gricitt,
prò la vista trop ben i funsionava
e anca s’era tutt rinciculit
malé sensa ‘l bigliett…  en se pasava.

Ormai per no la sfida era diretta
e quasi era dventata n’ossession
da gì dentra chel cinema a bughetta,
sensa paghé ‘l bigliett ma chel teston.

E finalment na sera gim so tutti
de corsa fin al Cinema Ducale
e po aspetam che dentra van via tutti
sia per l’andron e anca per le scale.

Alora, un de noiatre entra e passa
propri davanti a lo e po’, a brutt mus,
sensa fermass per gnent du ce la cassa,
tla galleria s’infila com un fus.

Scarnicchia scend e corr imbestialit
per archiapal sensa pensac  nemen
e quand el post de guardia sta sguarnit
ne entra na caterva tutt insiem

come na cataratta per la  scala
che se riversa d’sotta, tla platea,
do n’entra all’improvvis dentra la sala,
sitti cum le putan, una marea.

E quand el clandestin se fa chiapè
Scarnicchia el caccia fora tutt content
per avé pres un furb... sensa savé
d’avé beneficat ma tanta gent.



Della serie: Quel c’marcord d’Urbin



TRADUZIONE


Se entravi dentro il cinema Ducale,
dietro il bancone c’era una specie di nicchia
proprio a metà, in posizione centrale,
dove stava sempre lui: Scarnicchia.

Noi in quel tempo stavamo sempre a guardare,
perché non c’era una lira neanche per piangere
e per andare a vedere un film senza pagare
gli facevamo sempre una gran lagna.

Ma senza una parola di spiegazione,
Scarnicchia ci buttava sempre fuori
senza riguardo e senza compassione,
qualsiasi fosse il tempo il giorno o l’ora.

Così eravamo presi da una grande tristezza
che ci spegneva tutta l’allegria,
nel vedere tutta quella bella gente che entrava
mentre noi, lui ci mandava via.

Era vecchio storto e pieno di rughe,
però la vista gli funzionava troppo bene
e anche se era tutto raggricchiato
lì senza il biglietto non s’entrava.

Oramai per noi la sfida era diretta
ed era quasi diventata un’ossessione
d’entrare in quel cinema a scrocco
senza pagare il biglietto a quel testone.

Così finalmente una sera andiamo su tutti
di corsa fino al cinema Ducale
e aspettiamo che vadano via tutti
sia nell’androne e anche per le scale.

Quindi uno di noi entra e passa
proprio davanti a lui e, a brutto muso,
senza fermarsi davanti alla cassa
s’infila in galleria come un fuso.

Scarnicchia scende e corre imbestialito
per riprenderlo, senza neanche pensarci,
e quando il posto di guardia resta sguarnito
corriamo tutti dentro per buttarci

come una cataratta giù per la scala
che si riversa di sotto in platea,
dove ne entra all’improvviso nella sala,
zitti come le puttane, una marea.

E quando il clandestino si fa prendere
Scarnicchia lo caccia fuori tutto contento
d’aver acchiappato un furbo … senz’intendere,
d’averne però beneficato cento.

mercoledì 13 gennaio 2016

L'INVASIONE



Il capo della cooperativa
ci spiega l’accoglienza.
Vengon dal Pakistan e il Bangladèsh,
dice il biondino senza reticenza.
Azzardo una domanda un po’ impulsiva:
“ma lì… che guerra c’è?”
Si voltano le teste della gente
come per dir: “chi è
che osa far domande da razzista?”


Non vedono che mente,
ma il biondo abbassa gli occhi alla mia vista.
Sembrano, dico, più della Nigeria.
Non è che questi se ne sono andati
perché forse qualcuno è delinquente
o solo per fuggir dalla miseria!
Ma no di certo, e poi son destinati
verso le coste della Scandinavia
e andranno presto tutti quanti via.


Lo guardano le facce ottuse e spente,
mentre mi freme il sangue per l’ignavia.
Perché costui ci mente,
in faccia a tutti e spudoratamente.
“Han chiuso le frontiere”,
gli dico allora laconicamente
e il biondo abbassa gli occhi alla mia vista,
senza negare affatto che sia vera
l’affermazione mia.


Allora il parrocchiano in prima fila
senza girar lo sguardo, stancamente,
“se c’è chi non li vuole …,
se ne potrà occupar cristianamente”,
dice con voce dolce ma severa,
“il parroco i fedeli e anche le suore”.
E poi si tace, perché nel silenzio
risalti ancor più vera,
la sua disposizione per l’amore
ed il disprezzo per chi un po’ tentenni.


Il sangue ancor mi freme un’altra volta:
ma come, proprio voi che da millenni,
che l’odio fomentaste antisemita,
no, non dimora qui il senso di colpa!
Né fedi io né religioni ebbi
e l’uomo fu per me dovunque uguale,
l’unica differenza che conobbi
fu quella tra l’ipocrita e il leale.


Ma voi buoni… del mondo solidale,
da cui avete attinto a piene mani
favori per i vostri casi umani,
rubati però a chi li meritava,
ah, come suona falso con la fola,
campioni d’altruismo,
il vostro untuoso sentimentalismo.


Ed ecco che allor prende la parola
un esponente del cattocomunismo.
Li ho visti infreddoliti
stringersi le braccia intorno sulla vita,
chiede al capo biondino,
possiam portare loro dei vestiti?
Ma pensa, per davvero?
Ed ora per tacere stringo i denti
dopo quest’amorevole pensiero.
Gli dan per primo un bel telefonino
e pensa che non abbian gl’indumenti.


Al biondo però non gli sembra vero
e quando sento che ci ha ha ottanta dipendenti
mi alzo e vado via,
saturo per oggi di panzane.
Ma penso che sarebber più contenti
se invece gli portasser le puttane,
quando li vedo sotto casa mia
parlare una decina al cellulare,
belli robusti forti e palestrati.
Perché questi … non son mica evirati.

sabato 9 gennaio 2016

LA BELLEZZA



Mi parla la montagna col silenzio
e l’anima risponde ammutolita,
schiacciata sotto il peso che sovrasta
il mondo ed il mistero della vita.

Guardo i dirupi che scendon dalle altezze
dove riposano le nevi pacioccose,
mentre il respiro si fa carico e pesante
per l’aria tersa delle cime vigorose.

L’orma di un piede e un filo d’erba scuro
di tra la neve soffice intravedo,
mentre un canto luminoso e lento,
che scende muto dalla roccia greve,
rende la mente lieve e il cuore puro.

Tra quel che fu corrente assai tortuosa,
persi sul ghiaccio duro in grandi ammassi,
come candele irrigidite e spente
incappucciati e bianchi stanno i sassi.

Cos’è la vita senza il movimento,
e tu bellezza, dimmi, tu chi sei,
se in un profondo sonno stan le cose
e solamente vedon gli occhi miei?