giovedì 29 ottobre 2015

LA GIOVINEZZA 1



Tumulto di suoni e profumi
lo slancio proteso nel vento
tra ciocche dorate e l’argento
più vivo dell’acqua dei fiumi.
Un languido vago fermento
di mondi diversi traspare
da azzurre di limpido mare
pupille di dolce portento.
Poi sale la nube leggera
s’invola un pensiero deciso
sprigiona il mistero la terra
e scordi la vita che c’era
finché marcia forte il sorriso
e rugge il tamburo di guerra.

sabato 24 ottobre 2015

LA MISERIA



En te devi mett’a rida
se te dich che dop la guerra
la miseria fava strida
Chi en lavrava tel comun
o per l’Università
el destin sc’laveva trist
e tel dic sensa bugia:
i ‘l mi padre poc l’ho vist,
perché se vlevam magné
i tocava da emigré.
I m’arcord che s’givi in piassa
in Urbin era pien d’gent
dal matin fin’alla sera,
mo nessun faceva gnent.
En m’arcord tutt quel ch’è stat,
mo m’arcord cum fossa ogg
che tla strada sc’nera tant
sa i calson tuti straciat
ch’arcoieven da per terra
tutt le cicc anca fumant.
En te devi mett’a rida
se te dich che dop la guerra
la miseria fava strida.
I m’arcord che tun chel temp,
che adess sembra acsé lontan,
de du rass era la gent
sia cla bona che cla trista.
C’eren i democristian
e la feccia comunista,
ch’era piena de por can
e nemen ormai sperava
che ce fossa ch’iaiutava.
Ansi, c’eren anca quei
ch’invec i scomunicava.
En te devi mett’a rida
se te dich che dop la guerra
la miseria fava strida.
Acse adess che c’è la crisi
me so quasi mess a piagna
quand ho vist malé in tla piassa
a pasé ma na ragassa
sa la gonna a tela ragna,
cum se fossa nutta a Urbin
a caval sopra d’un mul.
E vicin sc’nera tre quattre
sa i calson tutti bugati
e le topp anca in tel cul.
E ho pensat ch’è propri vera
quel c’diceva cla sentensa
che la storia en è de pietra:
qualca volta s’torna indietra.
Anca s’cé na differensa,
perché la miseria nostra
en avevi propri bsogn
da gì in piassa a mettla in mostra.



Della serie: Quel c’marcord d’Urbin


Traduzione

Non ti devi mettere a ridere
se ti dico che dopo la guerra
la miseria faceva stridere.
Chi non lavorava nel Comune
oppure per l’Università
in triste destino era perduto
e te lo dico senza bugia:
io mio padre poco l’ho veduto,
perché se volevamo mangiare
gli toccava solo d’emigrare.
Mi ricordo che se andavi in piazza
Urbino era piena di gente
dal mattino fino a tarda sera,
ma nessuno faceva mai niente.
Di quei cari tempi ormai andati
mi ricordo come fosse oggi
che per strada ce n’erano tanti,
con maglie e pantaloni strappati,
che raccoglievano dalla terra
tutte le cicche ancora fumanti.
Non ti devi mettere a ridere
se ti dico che dopo la guerra
la miseria faceva stridere.
Mi ricordo che i cattivi e i buoni,
di quei giorni ormai tanto strani
che oggi abbiam perso di vista,
s’erano divisi in due fazioni.
Quelli ch’erano democristiani
e quella di quei poveri cani
della maramaglia comunista,
che oramai neanche ci sperava
che ci fosse un che gli aiutava.
Ed anzi c’erano quelli che
al contrario li scomunicava.
Non ti devi mettere a ridere
se ti dico che dopo la guerra
la miseria faceva stridere.
Così adesso che c’è la crisi
mi sono quasi messo a piangere
quando ho visto camminare in piazza
la ragazza coi vestiti lisi,
come se fosse arrivata a Urbino
a cavallo d’un ruvido mulo.
E vicino ce n’eran tre o quattro
coi pantaloni tutti bucati
e con vistosi rattoppi al culo.
Così ho pensato che fosse vera
una sentenza d’un certo Pietro
che il tempo avanza mentre la storia
qualche volta può tornare indietro.
Anche se qui c’è una differenza
perché la grande miseria nostra
non sentivi proprio alcun bisogno
di andare in piazza a metterla in mostra.


domenica 18 ottobre 2015

LA FESTA



Tante persone strane,
dico tra me esitante,
o forse manco un cane,
le mani sul volante,

forse lì ci sarà.
L’autodromo imolano,
lasciato a gente in mano,
che inneggia all’onestà.

Grandi cartelli gialli
che dan la direzione
e poi tante persone
scendono poggi e calli

e dentro, la sorpresa,
per l’organizzazione.
La birra in fila è presa
e senza confusione,

senza sporcare nulla.
Su palchi improvvisati
con modi inusitati
che usciti dalla culla

usano come frusta
il micro tra le mani,
non vedo veterani
dell’epoca vetusta

né relatori anziani,
ma vispi ragazzini
che mostrano il coraggio
e non i deretani

a chi li vuole servi
e non esseri umani.
Non fumo di salsicce
o di televisioni

largito a dei coglioni,
ma critica feroce
di chi sa i suoi diritti
in questa Italia atroce

soltanto conculcati
se non raccomandati.
Non lezzo canforato
d’esimi professori

che parlan d’ ignoranza
dal prominente petto,
ma comica brillanza
d’un agguerrito insetto

e l’arte più modesta,
che lenta prende forma
nel cuore della festa,
premiata anche a Stoccolma,

piena di troppi sguardi
che fremono in avanti
e pur se adesso è tardi
esclami: ma son tanti!

La strada si è smarrita,
penso tra quel mistero,
credevo per davvero
che fosse già finita?

Lo scialo ancora c’è
ma c’è una soluzione
mi dice un ragazzone;
e adesso sai dov’è!

Si deruba tuttora,
e c’è ancora chi spara
in questa Italia amara.
Non credi che sia l’ora?

Il debito si accresce,
ancor c’è il privilegio
non senti tu lo sfregio
di chi non ci  riesce?

Se vai per un lavoro
e lo trovi emigrando;
quando ti chiedi quando
ci sarà più decoro?

Tra le tante persone
che ora vedon nero
ci credi per davvero
che ci andrai tu in pensione?

E se soltanto il peggio
vince sempre il concorso
non credi che al sorteggio
sia giusto far ricorso?

Fratelli miei dolenti
non ci faran votare,
ma se guardate il mare
si ergono possenti;

frementi mie sorelle
l’Italia ch’è malata
può esser risanata
da queste cinque stelle.

giovedì 15 ottobre 2015

L'INFANZIA



Sapeva di frasche e di fresco
Scorreva via via sempre lesto
E i suoni argentini nel vento
Ai pesci facevan concento
Il torbido tempo a venire
Lasciava immutato l’ardire
E avvolti d’un gaio madore
Scorrevano calde le ore
Dorate dal sole d’estate
Tra gli elfi i fantasmi e le fate.

sabato 10 ottobre 2015

NEMESI




Gratta gratta con furtiva
Discrezione hai consumato
Anche gli ormeggi
E ora piangi sconsolato
Nella barca alla deriva.
Te la prendi con i flutti
Se non han più alcun effetto
I tuoi maneggi
E se non sei più protetto.
Perché invece non ti butti?


venerdì 2 ottobre 2015

EPIGRAMMATA



Non so perché t’ingrugni
se nel mio libro il tuo
nome si capirà.
Che cosa c’è di male
se adesso lo conserva
la teca nazionale?
Te l’ho solo introdotto
nella posterità!