domenica 20 agosto 2017

LA VACANZA PREMIO




Negli anni ottanta insegnavo al Liceo Scientifico di Pesaro. Una mattina entrarono  a scuola degli studenti pallidi in volto e stranamente silenziosi. Insospettito dall’insolito comportamento, chiedo loro dei ragguagli. Si trattava di ragazzi provenienti dall’entroterra. La fermata del loro autobus si trovava al di là della strada, e per arrivarci doveva per forza passare vicino ad una banca. Proprio lì, davanti a quella banca ancora chiusa, c’era un uomo. Un signore alto e magro, dall’aspetto curato. Aveva di fronte due o tre persone che si sbracciavano al suo indirizzo. Sembravano incalzarlo a fare qualcosa. Poi gli studenti udirono dei colpi sordi e videro l’uomo cadere a terra davanti a loro. E subito dopo una macchina bianca si allontanava precipitosamente dal luogo dell’omicidio.
Quell’uomo era il direttore di quella banca. Non aveva la chiave per aprire, ma gli assassini non l’avevano creduto. E senza la minima pietà, né per lui né per la madre dei suoi bambini, gli tolsero la vita. 
Oggi apprendo che uno di quei criminali, condannati all’ergastolo, non solo da quindici anni sconta la sua pena in semilibertà, ma se ne andrà in vacanza per una settimana in montagna in un albergo a quattro stelle. Invitato da Comunione e Liberazione.
Sarà la sociologia, o piuttosto la psichiatria, a giudicare la sanità mentale di una società, nella quale l’ergastolo si sconta in semilibertà. Quello che mi interessa, invece, sono le motivazioni di questa comunione di pie persone, con la passione per il lusso ed il potere, che si permette di offendere in questo modo i parenti di ventiquattro morti ammazzati e di un centinaio di feriti, causati dal branco della Uno Bianca. Uomini invasati dall’ideologia fascista, cui l’appartenenza alle forze di polizia infondeva senso di impunità e mania di onnipotenza.
Che cosa spinge questo movimento, che oggi a Rimini viene omaggiato da metà governo della Repubblica, compreso il Presidente del Consiglio, a far uscire dal carcere assassini di questa specie, invece di aiutare le vittime innocenti dei nefandi crimini da essi perpetrati? Che cosa li muove ad offrire la semilibertà ad un tale Marino Occhipinti, ergastolano,  in una loro cooperativa, fino a regalargli  un soggiorno premio in montagna?
Sono domande che rimarranno senza risposta, come senza risposta è la ragione per cui un assassino come De Pedis, della banda della Magliana, sia stato sepolto dentro una basilica di Roma.
Ma se togliamo di mezzo l’attrazione fatale per i criminali che si ispirano all’ideologia fascista o eventuali scambi più o meno affaristici, cui non voglio credere, non rimane che una sola giustificazione: il fanatismo religioso.
Quel fanatismo che fa loro pensare che l’idea di redenzione e di pentimento che propugnano debba prevalere a tutti i costi, anche con la prepotenza e la mistificazione. Ed utilizzando tutte le leve legali che non il popolo italiano,  ma l’insipienza e la debolezza di una politica imbelle, hanno posto nelle loro mani.
Manipolati da costoro, il perdono ed il pentimento sono diventati irriconoscibili dall’ipocrisia, e una vacanza si può benissimo confondere con degli esercizi spirituali.
Ma il perdono merita più rispetto. Non tutti lo possono chiedere e non tutti lo possono concedere.
Chiedere perdono per i peccati commessi da altri non è che un atto specioso quanto ingannevole. E non c’è bisogno di tanto acume per comprendere che implorarlo per la crudeltà di gente che non è più tra i viventi, è solo una fumisteria.
Ancora più grave, però, è l’ideologia aberrante di chi pretende che basti aver recitato un atto di contrizione ed essere stato assolto da un cappellano, per averlo.
L’unica persona, infatti, a poter concedere il perdono non può essere che la vittima.  Perché se si accettasse che possa farlo un altro, si arriverebbe all’assurdo che uno si potrebbe perdonare da se stesso.
E le vittime dei criminali della Uno Bianca sono morte. 
Che un uomo come me si ritenga autorizzato ad assolvere i peccati di un altro, è un’idea che ripugna alla ragione umana. Ma se proprio i devoti di CL ci vogliono credere, sappiano almeno che l’assoluzione di un prete può forse aprire le porte del paradiso, non certo quelle della galera.

mercoledì 9 agosto 2017

LO SO




Conosco quel rigore.
La nuvola tenace
che aduggiati lo sguardo
effimera e fugace
passandoti sul cuore.
Io so l’arco chi tende
da cui si stacca il dardo.
Conosco la paura del dolore.
So il grido soffocato
pel vuoto che ci attende
nei gorghi del passato.
E so la vanità delle parole.