sabato 29 giugno 2013

I PUTTANIERI


E Adesso lo sappiamo
Silvio, il tuo mestiere.
L’han detto i magistrati di Milano.
Patron di lupanare e puttaniere.

Però, quella persecuzione,
che solo chi è avvinto dalla fede
che acceca le persone
schernisce e non la vede,

come negar che c’è?
Se brulica l’Italia intera
di gente come te?
E mai non va in galera?

Di tutte le congreghe, Silvio,
non sol la pidiellina.
Che anzi, più feroce è il piglio,
più lurida è la fogna di sentina.

Lo sguardo furbo, l’aspetto competente
ed elegante, l’eloquio assai triviale.
Protesa nel vantaggio la sua mente,
l’occhio ammiccante da postribolare,

incline all’intrallazzo e al malaffare.
Tutti della politica, dei nani,
che ormai sarà la storia a giudicare
quello che avete fatto agli italiani.


giovedì 27 giugno 2013

IL FEDERALISMO


Vado al museo e in fila per pagare
m’accorgo all’improvviso che
quello davanti a me lo fanno entrare
senza che gli domandino alcunché.

Che strano, affermo titubante,
se qui si fa il biglietto non lo so.
“L’ingresso è gratis sol per l’abitante”,
urla l’addetto. “Ma  per gli altri, no”.

Ma chi l’avrebbe mai pensato
che un giorno, dico, s’arrivasse
a diversificar dentro lo stesso Stato
coloro che gli versano le tasse.

Poi scopro che al confine del paese
invita un gran cartello a non gustare
gelati per la via. Perché non è cortese
comprare al bar e altrove poi mangiare.

E se la mia città è piena di succinti
quando il calore è veramente crudo
la Roma capitale non fa sconti
e non si sta seduti torso nudo.

Questi pochi, che d’esempi sono nulla,
tratteggiano un paese assai diviso
da qualche dirigenza un po’ citrulla,
che ha pure suscitato amaro riso.

Frutto di menti prodigiose, preda
di quell’idea bizzarra e singolare
che presto tutti insieme si provveda
a far senz’altro l’Italia federale.

E via così, con sindaci imbecilli
i quali dall’insonnia attanagliati
s’alzan di buon mattino tra gli strilli
perché una nuova idea li ha conquistati.

E cresce col divieto di panino
quello anche d’indossare le ciabatte,
rendendo l’uomo sempre più cretino
inebetito da regole assai sciatte.

Perché il potere che si sa consuma,
ma attizza nel contempo anche un bigotto,
nessun lo sente s’esso non frantuma
le palle di color che stanno sotto.

Finché un bel giorno, andando via
dopo un’infruttuosa cerca di  porcini,
ho visto, amici, in faccia la pazzia
nell’atto di infierir sui miei  vicini.

Che una signora dal vetusto volto,
nata e cresciuta nella boscosa landa,
un misero funghetto avea raccolto
forse per abitudin veneranda.

Senza badare, dato il bianco crine,
a quella immateriale riga strana
che a due regioni funge da confine,
partendo dall’Emilia la Toscana.

Alla domanda, posta in italiano,
indica la donnetta all’uniforme
che il tesserin ce l’ha il figlio emiliano
e che quel fungo l’ha colto nelle norme.

Ma quella donna parla solo invano,
ché scrive già l’agente, dato che
il territorio questo qua è toscano
e il tesserin d’Emilia valido non è.

Capite amici la furia dirompente
di qualche grassator cosa può fare?
Che occorre ben saper le conseguenze
quando si sceglie l’uomo da votare.

Ma come! Dei frutti di natura
di cui per secol si pasceron tutti,
la cui essenza sette giorni dura,
ché poi da soli cadono distrutti

non posso più mangiarli, sai perché?
Devo prima pagare il corso di un idiota
che ne sa probabilmente men di me.
Mentre il mio can può divorarli a ruota.

Che almeno poi bastasse al maneggione.
Ché se vuoi coglier funghi nel tuo Stato
frequentar devi un corso per regione
e dimostrar che anche la tassa gli hai versato.

L’han fatto amici per il Nostro bene,
capite? Dobbiam pure ringraziare.
Perché mangiare quel che non conviene
potrebbe tanto, ma tanto male fare.

E allora prepariamoci il terreno,
dato che questi lavoran con lo stampo
ed assai presto, molto presto temo,
lo stesso toccherà all’erba di campo.

Con un bel corso apposito, non caro,
organizzato da quella mente astuta
per aiutare il cittadino ignaro
a non confondere col cardo la cicuta.

Ecco il federalismo all’italiana,
promosso ed auspicato con passione
da quell’efficientissima mammana
che, svergognata, si fa chiamar Regione.


lunedì 24 giugno 2013

EH, NO! GRILLO



Eh, no! Grillo.
Solo qualche fedele
e quel tuo occhietto arzillo
per mandar via l’Adele?

E tutti quei milioni
che neanche hai consultato
e tratti da coglioni,
dopo che t’han votato?

Eh, no! Beppe.
La tua democrazia
che o si sottomette
oppur lo caccio via

in modo inappropriato,
dopo che pian pianino
l’hai anche sputtanato,
somiglia da vicino

a quel vecchio espediente
che saldo ancora dura.
Redimere la gente
usando l’impostura.

Sei stato bravo assai,
ma quella verità
neanche tu ce l’hai
per far quel che ti va.

E il popolo grillino?
Devi spiegargli come.
Tutto questo casino
per un nuovo padrone?

Espeller la franchezza?
Per dare gli italiani
amanti di bellezza
in pasto ai talebani?

Ma in cosa consiste allora
la tua diversità?
Non l’hai capito ancora?
Ci serve libertà!

domenica 23 giugno 2013

LE CREATURE


Strabocca il bagnasciuga stamattina
in modo straordinario di creature.
Molliccio il corpo e mobil la figura,
anche se ben diversa la misura.

Sostano senza fretta, alcune sfatte
riverse sulla sabbia o alla deriva.
Qui radunate e afflitte, dall’arsura
soggiogate o in cerca di frescura.

Le chiamano meduse se dal mare,
oppur la gente se arrivano da terra,
le quai flottare e parlottar vedendo
in un insieme raro e pur stupendo,

non puoi con meraviglia che ammirare
questa natura madre, che produce
e aggrega con grazia sopraffina
cotanta massa in simil gelatina.
                                          

venerdì 21 giugno 2013

IL MISTERO





Miliardi sono i soli e quanti i mondi
se ancora ancora e ancora ancora
e ancora e poi ancora l’assecondi,
quella visione che la vita sfora?


Fin dove? Ché questo è pertinente.
Poiché quando si ferma quel creato
oltre ci puoi trovar soltanto il niente,
ma questo immaginarlo non è dato


e la ragion non trova alcun perché
sul fatto molto strano che ci sia
e possa esister quello che non c’è.
Tanto che se ci pensi fugge via.


E se anche il niente poi non esistesse,
allor sarebbe parimenti ardito
immaginar che un uno s’estendesse
immenso e ininterrotto all’infinito.


E qui arriviamo alla domanda vera,
che nasce dopo i tempi della culla,
la  cui risposta val la vita intera.
Perché esiste qualcosa anziché nulla?


Domanda suscitata dal mistero,
che può avvitarsi e spander di converso,
dell’infima particella del pensiero
che giunge ad abbracciare l’universo.


Quello che da più oltre ci attanaglia
e avvolge in una sfera silenziosa,
ma  che non è che un campo di battaglia
perennemente in lotta portentosa.


Non la sappiam fratelli la risposta,
ché lo scoprirlo è faticoso assai,
ma forse la domanda è male posta
e così messa non l’avremo mai.


Poiché cercare forse si dovrebbe
lo strano mondo d’immaginar qual è,
dove talmente assurda lei sarebbe,
che mai ci si porrebbe quel perché!!!


martedì 18 giugno 2013

L'INNOCENZA


S’approssima la sera,
mentre quel raggio rosso
scivola sull’acqua nera
e ci riversa addosso


il caldo dell’atmosfera.
Con i miei nipotini
osservo una madre altera
che gioca coi suoi gattini.


Sai Samuel, dico sincero,
presto la luce qui si spegnerà
e della notte il buio tutto nero
come d’incanto ovunque calerà.


Mi fissa allor sorpreso pure Jago,
di meraviglia l’occhio aperto pieno,
lo sguardo inespressivo e vago
mentre ascolta l’altro che sereno


dice, guardando le bestiole:
andiamo a cambiare nonno
la lampadina al sole?
Prima che venga il sonno?


La scienza ora vacilla
e sfuma senza sfarzo
la complessità. Ma brilla
l’innocenza come il quarzo


che rimanda della luce
il lampo. Ché non son io
più quel che conduce
adesso, dalla terra a Dio.


lunedì 17 giugno 2013

I CONFLITTI D'INTERESSE


C’è un problema d’interesse
che coinvolge Berlusconi,
che non proprio le ha dismesse
quelle sue televisioni.


Ma guardando più lontano
non mi sembra che il conflitto
sia poi tanto così strano.
Presentandosi assai fitto


Anche la chiesa in fondo,
quale interesse avrà
a far sparir dal mondo
bisogno e povertà,


se il fuoco e le scintille
della necessità
anche l’otto per mille
insieme estinguerà?


E pure il sindacato,
cui la semplicità
di mezzo il patronato
certo gli toglierà,


farà una dura azione
per far che il cittadino
senza intermediazione
comprenda il suo destino?


O il politico alloggiato
in posti di gran pregio
quanto sarà impegnato
contro il suo privilegio?


Il sindaco parente
del grande costruttore,
d’interesse sarà assente
nel pian regolatore?


Ed il masson primario
o di liberazione,
che deve quel suo posto
all’organizzazione,


quale interesse appoggia,
se sceglier è impellente,
di comunione o loggia
o quello del paziente?


E qual è l’interesse
allor dell’ignoranza,
che spesso ci diresse.
Dell’uomo o della panza?


Ma c’è una soluzione?
Chi ha smesso d’imparare
e vive da caprone
non lo facciam votare?


E i partitici conflitti?
Qual’è la lor funzione?
Tutelar solo gli iscritti
o tutte le persone?


E quella dirigente
la di cui prestazione
da tenere presente
nella valutazione


non viene dal lavoro,
che arriva sempre poi,
migliorerà il suo ruolo
o farà i c….  suoi?


Pretender tante norme
per ogni situazione
non solo non mi torna,
ma è in contraddizione


con quel che c’è da fare,
ribaltando la tendenza.
Le leggi da abrogare
di cui possiam far senza.


giovedì 13 giugno 2013

LA DEPRESSIONE


Mi sveglio una mattina
stanco ed assai stupito
d’essere stato a letto
senz’aver mai dormito,

e dopo cinque giorni
d’insonnia e di passione
m’aggiro ancor per casa
la testa nel pallone.

Alla consultazione
il medico è perplesso.
Forse è una depressione,
dice, e sta arrivando adesso.

Rimango un po’ basito
ed allibito assai,
perché non ho tristezza
e son privo di guai,

essendo che fortunato
ho smesso la funzione
e finalmente andato
sono anche io in pensione.

Prendo le pilloline
che mi dà per dormire,
ma tutte le mattine
mi pare di svenire

e lentamente sento
che sto per sbarellare,
perché senza un momento
di sonno, non puoi stare.

Finché una notte chiara,
in giro neanche un’ombra,
imbocco una strada vara,
il ponte della Ghironda,

perché con scelta estrema
l’effetto di calmarmi
ce l’ha ormai solo un tema:
quello di suicidarmi.

Salgo sul parapetto
e guardo l’acqua scura
pensando: se mi getto,
non avrò più paura.

E quando sto per farlo
una vocina appare
pungente come un tarlo:
perché ti vuoi buttare?

Eh già! Dico a mia volta
dov’è il motivo grave
che mi ha portato qui
per farmici ammazzare?

Che razza di coglione!
Stavo per farmi fuori
senz’alcuna ragione.
Ed ho scoperto, solo a posteriori,

che questa tra mortali malattie
di certo è la più subdola, perché
t’uccide sempre senza cortesie,
ma lo fa fare solamente a te.


martedì 11 giugno 2013

IL CIELO D'URBINO

Il cielo d’Urbino


Quando ci abitavo io
Era pieno di bambini
Su e giù per gli scalini
E le piazze d’Urbino.

Che cosa ti è successo?
Gli ho chiesto quando ci sono tornato
Dopo cinquant’anni.
Non c’è più neanche un cane?

Li hanno mandati via da quei tuguri
Mi ha detto qualcuno
E adesso se vuoi vedere qualche bambino
Devi andare a Mazzaferro

Ma questa città senza gli schiamazzi
Ed i giochi dei ragazzini
Che adesso se ne sono andati via
È troppo diversa dall’infanzia mia.

Quando si giocava alle palline
E quando anche se pioveva
Si andava senza ombrello
A suonare i campanelli.

Oppure quando gli spazzini
Gridavano come matti
Contro quei ragazzacci
Che giocavano con gli stoppacci.

Adesso invece è più tranquilla
Questa città senza abitanti.
Ma lassù, sopra i torricini
Il cielo d’Urbino ha perso un po’ di colore.


El ciel d’Urbin


Quand ce stav io
era pien d’burdei
so e giò per i scalin
e per le piass d’Urbin.

Sa te success?
I ho dett quand ce so’r nut
dop cinquant’an.
Cum’è che’n c’è più’n can?

I han mandat via da chi tuguri
m’ha dett qualcun
e adess, svo veda qualch burdell,
te tocca gì ma Massaferr.

Mo sta cità senza i schiamass
e i gioch di ragasin
che adess en gitti  via,
è trop diversa dall’infanzia mia.

Quand sgiocava alle palin
e quand, anca s’pioveva,
se giva sens’umbrell
a soné mai campanell.

Oppur quand i spassin
urlaven cum i matt
contra chi ragassacc
c’giocaven ai stupacc.

Adess invec è piò tranquilla
sta città sensa abitant.
Mo malasò, sopra i torricin,
ha pers un po’ d’color el ciel d’Urbin.