martedì 31 gennaio 2017

LO SPETTACOLO



E vai, con le gambette affusolate,
coi tacchi a spillo e chiappe rassodate.
Conduci il tuo programma pensierosa
con aria sprovveduta e vaporosa,
musando il mondo che t’ascolta attento
mentre t’immergi nel fiume lutulento.
Perfetti sotto quella acconciatura
gli occhietti tratteggiati con gran cura
quasi allo stremo del fonte lacrimale
ascoltano la storia che fa male.
Il viso senza rughe sosta immoto
all’eco del crudele terremoto
e le dischiuse labbra, poverina,
irrigidisci al suon della slavina.
Oh, che fermento, oh che stupore hai
quando sgomenta e sculettante vai
in quello studio, lieve e pazzerella,
mostrando le tue forme da modella.
Lo sguardo si commuove seducente
se dicono che non funziona niente
e quasi impallidisce l’incarnato
nell’abito esclusivo ben portato,
mentre che l’ammiccante seno lieve
sussulta per chi scava nella neve.
Poi s’accavalla, in grazia e noncuranza,
la coscia, terminata la speranza,
ed alzi gli occhi belli verso il cielo
come chi cada ingenua giù dal melo.
Così l’apprende il popolo italiano
dalla televisione, l’orrore a Rigopiano.
Laddove si fermò quella turbina,
senza più una riserva di benzina,
e dove, nei meandri del percorso,
si perse la chiamata di soccorso,
intanto che le tasse incamerate
son spese tra le tette e le sfilate
per una bambolina che intervista
e che ci paga il conto all’estetista.

lunedì 23 gennaio 2017

IL FATO



Tra le facce sempre uguali
nello studio in processione
or s’accendono i fanali
della grande discussione
i cui lampi ed i cui strali
lancia la televisione
col bel giro di modelle
da lustranti passerelle.

Certo il tempo era inclemente
con la notte fredda e dura
ed un gran bel po’ di gente
segnalava la paura
nel terribile frangente
tra la neve bianca e scura.
E all’aiuto ch’era chieso
non si diede il giusto peso.

Non ci fu né un cingolato
né una rapida ascensione
d’elicottero attrezzato
di civile protezione,
ma un drappello solo armato
d’una cruda decisione.
Cui l’amaro suo destino
fu di giungere al  mattino.

Nella strada ricoperta
non si corre come in pista
ed il buio rende incerta
l’avanzata solo a vista
anche per la gente esperta
così prodiga e altruista.
Ma non vai molto lontano
se poi scavi con la mano.

Perso nella sofferenza
l’uomo è molto più dimesso
e rinuncia alla parvenza
che tra gli altri e con se stesso
ci sia tanta differenza,
prodigandosi indefesso.
Perché sotto quella neve
c’è la nostra vita breve.

Quando il mondo infine apprese
non fu cosa meno dura
perché allora si comprese
a qual forza la natura
tra le balze più scoscese
può di colpo dar la stura.
E salvarli tutti assieme
parve arduo e senza speme.

Ma se quando il tuo soccorso
è dovuto a un dirigente
lì per pubblico concorso,
che lavora in qualche ente
incapace di rimorso
per un popolo indolente,
io mi chiedo sconcertato
se sia stato solo il fato.

Guardo in quale condizione
quell’albergo di montagna
stava sotto un canalone
nella valle che ristagna
come il miro d’un cannone.
E la lacrima che bagna
spero vada anche a colpire
chi l’ha fatto costruire.

lunedì 16 gennaio 2017

LA VANITÀ




Cosa lo muova a giorni alterni andare,
l’imprenditore a dire suo provetto,
difficilmente lo si può spiegare.
Faceva il portapane giovinetto
ed ora saldo in quelle ostil poltrone,
rigido e duro come fa l’appretto,
è quasi fisso in televisione.
Ed ogni sera incredulo mi spiazza
con quella faccia spenta da secchione.
Odiato dalla gente della piazza
assorbe gli improperi e la rancura
senza tremor di ruga nella bazza.
Anzi, sembra che l’odio che procura
lo stimoli a volerne richiamare
e alla caciara sempre dà la stura.
Dice alla gente d’andare a lavorare
e snobba ogni altrui lamentazione
perché lui sa… e non si fa fregare.
Alza il ditino, e la provocazione
muove allo sdegno gli ospiti smarriti
e tutte collegate le persone.
Visi paonazzi irati e irrigiditi
esplodono d’un tratto in un concento
di voci dagli insulti tra i più arditi.
Ma lui continua come fosse vento
tepido e delicato sulla faccia
e il conduttore lo trattiene a stento.
Così dopo la nuova figuraccia,
di scorno pieno a casa se ne andrà,
che io mi chiedo come mai gli piaccia
e cosa mai andare lo farà
a prender la sua dose di dispregio,
se non la sua padrona vanità.

sabato 7 gennaio 2017

LA CERTEZZA



Dai pressi dell’ultimo scalino
ribolle nel silenzio la caldera
e luci tremule,
piuttosto che bagliori,
si scorgono lontano nella sera.
Capisco quel che pensi e non ti spieghi,
ma come dirti quello che non so?
Da soli i miei pensieri
la cercano, però,
una risposta vera.
Scivola il mondo ormai da queste mani
aperte come ali senza presa
e il suono che silente t’accarezza
non è il segnale d’un’amara resa,
ma il grido di dolore disperato
che dà la mia certezza del domani.
E sto cercando dove sono stato.