Passò la vita a vender la
porchetta
e a mettere da parte i suoi
danari.
Sapeva far di conto in tutta
fretta
e conosceva tutto dei maiali.
Col resto qualche volta era
furbetto
perché lui era una gran
risparmiatore
e non amando pause né diletto
trascorse il tempo da
lavoratore.
Mentre gli amici andavano in
vacanza
lui si comprò negli anni del
servizio
case, palazzi e terre in
abbondanza
tenendosi lontano da ogni vizio.
La conoscenza la lasciava agli
altri,
l’erudizione non valeva niente,
tenendo per costumi buoni e
scaltri
soltanto i suoi, nel giudicar la
gente.
Vendendo vino e fumo senza ozio
nell’aria più malsana che ci sia
tra i suoni d’uno squallido
negozio,
senza bellezza, il tempo volò
via
ad ingrossare solo il capitale,
sfruttando spesso le miserie
altrui;
di quella gente bisognosa e
frale
a cui i soldi li prestava lui
per poi, seduti fuori dal locale,
berseli insieme oziando tutto il
giorno
in un degrado vano e generale
che contagiava tutto quanto
intorno.
E lì lo vidi, qualche tempo dopo.
Contratto tra uno spasmo o
convulsione,
con l’occhio fisso e spento, come
vuoto,
cercando d’appoggiarsi al suo
bastone
orrendi suoni dalla bocca
uscendo,
senza né senso né significato,
e poi su d’una sedia ricadendo
la testa reclinata, rassegnato,
insieme ai suoi clienti nella
sorte.
Uguale proprio a loro, gli occhi affranti,
a meditare tardi sulla morte
tra
i derelitti ormai… uno dei tanti.