venerdì 26 dicembre 2014

MESSAGGIO DI FINE ANNO


Care italiane e cari italiani,
state sereni, ce l’abbiamo fatta.
Adesso siete tutti in buone mani
e la nostra compagine è compatta.
La società di ieri, da domani
comincerà ad essere rifatta
e la riporteremo a grandi passi
al tempo della divisione in classi.


Adesso che i vagoni del diretto,
insieme a quelli dell’accelerato,
li abbiam lasciati solo ai senza tetto,
al pendolare oppure al disperato,
egli non vi farà mai  più il dispetto
di starvi accanto, lurido e sbracato,
potendo voi viaggiare in libertà
ed ad alta sferragliar velocità.


E tutto questo lo possiamo fare
senza divieti e senza costrizioni,
ma sol perché non tutti di saldare
possono i prezzi delle prestazioni.
Non ci sogniamo affatto di toccare
della democrazia i suoi bastioni
e certo non è in gioco la speranza
d’avere tutti un giorno l’uguaglianza.


Le lunghe code e i letti di corsia
li abbiam lasciati solo ai poveracci,
proprio perché la sanità ci sia
anche per i barboni con gli stracci
che in altre terre son mandati via,
mentre non c’è da noi quel che li cacci.
E nel contempo, per chi può pagare,
è sempre ben disposto il luminare.


La scuola poi, che aveva fino ad ora
unito insieme i figli tutti quanti,
così che quello della gran signora
poteva star con quelli dei braccianti
o pur con quello della servitora,
noi l’abbiamo cambiata in pochi istanti;
e adesso i vostri li potete dare
alla privata o a quella parrocchiale.


E questo con l’aiuto del buon Dio
ed anche un po’ di quel del Vaticano,
che ci ha permesso alfin di dire addio
a chi l’interpretava in modo strano
quella Costituzione, che gran fio
valse di lutti al popolo italiano.
E quel che prima a pochi era costato
adesso è messo in carico allo Stato.


Pensate ai nostri bravi laureati,
che si son messi alfine anche a viaggiare
e a mille a mille se ne sono andati
come i nonnini loro a lavorare
da noi sempre sospinti e stimolati,
anche se ancora c’è chi vuol restare.
Così con tanti giovani emigranti
son ricomparsi pure i mendicanti.


Ma il merito più grande e celestiale
è stato quel che i poveri e gli afflitti,
gaudio di chi si butta sul sociale
e ch’erano scomparsi zitti zitti,
adesso son tornati, ché sta male
la società senza i suoi derelitti,
cui va la nostra solidarietà,
pegno di fratellanza e carità!

sabato 20 dicembre 2014

PERDONA LORO ...




Incedo nelle brume novembrine
di Cracovia. Qui, dov’hanno innalzato
Auschwitz e Birkenau. E le tazzine
smaltate di Schindler han fabbricato
milleduecento ebrei e giudaìne.
M’aggiro in questi luoghi rattristato,
visito il Ghetto e le sue stradine
che il tacco più feroce ha calpestato.

Muri scrostati nell’ora che tramonta,
dove l’acqua piovuta fin d’allora
non è bastata per lavare l’onta
e quel ch’è stato lo si vede ancora.
La piazza del raduno, ove s’appronta
il carro che l’umanità disdora
ed una madre, che la furia affronta,
cadendo sul selciato nell’aurora.

La carne spappolata dal bastone,
la Vistola coi corpi assiderati
e la pietà, che morta non s’oppone,
al pianto trattenuto dei dannati.
Il cappio pronto per l’esecuzione,
i bimbi dalle madri separati,
il treno minaccioso alla stazione
e il riso divertito dei soldati

che dei vagoni piombano le porte.
Visi schiacciati contro gli spioncini
nella disperazione per la sorte
di madri, padri, mogli e dei bambini.
E poi l’odore acre, intenso e forte
d’una vergogna senza più confini
nel viaggio cieco, che conduce a morte
la tanta gente dai tragici destini.

Però attende l’ordigno criminale
il sacrificio della consunzione,
la gloria in terra dell’estremo male,
prima della finale soluzione.
Si sciolgono così come di sale
i numeri che furono persone,
l’animo sbigottito ormai e frale
per l’impossibile sopportazione.

Appesi per le braccia i fuggitivi
o folgorati dalla rete infame,
alcuni sotterrati ancora vivi,
altri caduti per la lunga fame,
lasciano il posto per i nuovi arrivi;
per i padroni mucchi di letame.
S’ergon così sempre più cupi i clivi
di morti abbandonati come strame.

Mi taglia il viso il gelo della sera,
ma il mio piumino caldo lo trattiene.
Se questo è quello che anche allora c’era
chi scaldò loro il sangue nelle vene?
Traverso il fiume della città straniera
e imbocco strade, spero più serene.
Troppo dolore, penso. Chi genera
figli al mondo, fa sempre il loro bene?

C’è gente allegra nella gaia piazza
e un albero addobbato di Natale.
L’acquisto per le feste adesso impazza,
quando da una stradina laterale
giunge qualcun che urla e che mi spiazza.
Ce l’hanno col peccato più mortale!
e chiamano assassina la ragazza
che ha scelto di abortire all'ospedale.


sabato 13 dicembre 2014

PREGHIERA DI FINE ANNO



O caro Giorgio,
                        che dal Quirinale
di chiuder con amore questo anno,
facendoci gli auguri a Capodanno,
aspetti con fervore.
Quanto male prima di Natale
e quanta amarezza nelle tue parole.
L’Italia di Garibaldi
e degli onesti risorgimentali
che sprofonda, cloaca di ribaldi,
in mano ormai a troppi criminali.
Quale rivelazione
nel dirci a chi imputare l’eversione!
e chissà quanto ancora avrai in mente.
Ti prego, non farci finir l’anno
in cupo e triste affanno, Giorgio.
Facci il favore.
             Non ci dir più niente.

Grazie, Presidente.


                                           

martedì 9 dicembre 2014

LA MAFIA


Che dire amici? Pure in Campidoglio
c’era la mafia. E dopo l’arresto,
quello che lo dirige con orgoglio
parla di mele marce dentro il cesto.

Anche se non mi squadra io non voglio
dare la colpa a lui per ‘sto dissesto,
ma in tutto questo puzza un po’ d’imbroglio
la storia delle mele, di pretesto.

Se chi ha infestato il nostro ordinamento,
per fare affari e muovere in segreto
municipi, regioni e parlamento

son stati quattro pomi del meleto,
allor ciò che gettò Falcone al vento
non fu una bomba, ma soltanto un peto.

mercoledì 3 dicembre 2014

L'AUTORIZZAZIONE



Sotto inchiesta le regioni
per le loro pazze spese
sono tra le istituzioni
nel casino più palese,

sempre e solo criticate;
c’è chi chiuse le vorrebbe
e del tutto eliminate.
Ma poi come si potrebbe

fare, amici, per trovare
chi tutela il patrimonio
bello nostro forestale?
Non sarebbe un pandemonio

se chiunque in largo e in lungo
senza regole perenni
raccogliesse ognuno un fungo,
com’è stato per millenni?

La mia giunta regionale,
così parca e così accorta,
il suo bosco demaniale
lo destina alla raccolta,

tanto per fare un esempio,
solo a chi, non per mangiare,
coglie i funghi senza scempio,
ma soltanto per studiare.

Non è certo da cretini
questa che, senza eccezione,
dice ai propri cittadini
che senz’autorizzazione

rilasciata agli scienziati,
neanche possono provare,
senza esser sanzionati,
i porcini a raccattare.

Che intuizione preveggente,
che brillante innovazione,
se pensate a quanta gente
premia questa decisione

che destina il territorio
niente affatto a chi è del luogo,
ma soltanto al repertorio
del perfetto micològo.

Ci verran da tutto il Mondo,
tutti quei ricercatori
verran qui, non lo nascondo,
ci verranno anche da fuori,


da dov’è la libertà,
e non c’è autorizzazione
per mangiare a sazietà
quello che non ha un padrone.


E com’han potuto fare
fino adesso, son sincero,
i miceti a valutare,
per me resta un gran mistero.

mercoledì 26 novembre 2014

LA GUERRA




Stavo attingendo ai miei pensieri assorto,
quando lungo un sentiero di montagna
d’una stranezza io mi sono accorto.
Fendeva il mio bastone l’aria stagna

di primavera e gli stivali i sassi,
aguzzi e duri sull’erto cammino,
facevan risuonare coi miei passi.
Una dolcezza quieta da bambino

m’aveva avvolto, da leggende antiche,
quando sul lato destro del sentiero
vedo una nera fila di formiche
senza vita, che non mi pare vero.

M’accosto allora per vedere meglio
ed il mio sguardo non è sufficiente
per scorgerne la fine. Se son sveglio,
di chiedermi mi viene allora in mente.

Giacciono morte insieme l’una all’altra
in un silenzio tetro e funerale
ed io mi chiedo quale mente scaltra
possa aver fatto loro tanto male.

A quest’altezza qui, non c’è nessuno
che possa odiare tanto questi insetti
da massacrarli tutti uno ad uno
in mezzo a un bosco, dove son protetti.

Guardando meglio vedo poi spuntare
delle compagne vive un po’ più a valle
che, tutte prese, si danno da fare
a portar via i morti sulle spalle.

Ognuna porta il suo, e in questa azione
mi si rivela il campo di battaglia.
Non vanno nella stessa direzione
ma si dirigon dentro la boscaglia

verso due separate fosche biche.
Adesso finalmente lo capisco
di cosa sono morte le formiche
ed un pensiero trascendente ardisco.

Oh Dio delle creature sballottate
in questa nave tonda alla deriva,
diccelo tu che te le sei create,
perché il cervello nostro non ci arriva:

ci hai messi tutti in questo spazio vuoto,
su questo grumo duro ch’è la terra,
solo per ritornare al tempo immoto
facendo tra di noi sempre la guerra?

mercoledì 19 novembre 2014

COM'ERA PRIMA



Adesso che i poeti fanno a gara
per scrivere senza farsi capire,
avvolti come sono tra le spire
del lirico ermetismo, fonte rara
d’aulici accenti all’intimo sentire,
la vita al Menestrello è meno amara.
Io amo il ritmo, il metro e la fanfara
della rima, che non mi fa fuggire.
Amo un po’ di D’Annunzio, amo Gozzano,
amo Carducci, Pascoli e Leopardi,
Petrarca e Dante con la sua terzina.
Amo il sonetto, anche se pian piano
è stato relegato tra i vegliardi.
Io amo la poesia com’era prima.
E devo ringraziar se la quartina
l’hanno i cantori veri a me lasciata,
essendo che per loro è superata.

giovedì 13 novembre 2014

IL POSTINO


Mi pare giusto che la televisione
ci renda edotti pure sui mestieri.
Ricordo solo quello visto ieri:
Proietti che ritrova il vecchio amore
ora che non fa più il carabiniero,
ma il giornalista bravo al Messaggero.
E pure co’ na palla dentro il cuore.
C’è stato don Matteo, il nonno Lino,
il magistrato ed il questurino,
la segretaria del vecchio industriale
e pure chi, con l’aria assai severa,
la guardia fa, a cavallo, forestale.
La suora abbiamo avuto, la commessa,
il medico girato in ogni salsa,
e infine pure la guardia costiera.
Corretto mi par sia valorizzare
chi vigila indefesso anche sul mare.
Oggi pioveva quando poverino
suona alla porta e se ne va serioso
quell’uomo schivo, che non entra mai,
ed è per questo odiato dal mastino.
Che fa un lavoro ingrato, ma la RAI
non l’ha neanche un po’ considerato.
A quando, eh, la fiction sul postino?

venerdì 7 novembre 2014

L'IMPOTENZA



Feci esami severi.
Ridondanti e leggeri
i giorni s’avvitarono
come gli anni
 nel giro interminabile.
Una forza d’inerzia
insistente e greve
ammassava materia cruda
sulle stanche membra
e lentamente nell’aria lieve
 delle cose invisibili
si consumarono uno ad uno
i bollini dell’esistenza.
Come dire che non provai?
Io seppi subito
il percorso inesorabile
e costante.
Ma non fu nelle mie forze
e non mi fu concesso
fermare quella ruota
anche per un istante.

mercoledì 29 ottobre 2014

LA SUDDITANZA D'ORDINANZA


L’ho aspettata con gran pena
l’ho aspettata ansiosamente
il gran freddo non appena
s’avventò sordidamente
tra le mura ormai bagnate
della fine dell’estate.
Mai cedemmo tuttavia!
Anche se battevo i denti
e tremava la mia gamba
noi restammo indifferenti,
rispettosi della legge,
da qualcuno detta stramba,
che comanda all’itaglione
di penare per il freddo
quando si è fuori stagione.
La mia bella caldaietta
ben pulita e controllata
tutto a posto la bolletta
ricevuta e ben pagata
né il metano scarseggiava.
Ma d’accenderla neanche
noi d’accordo si pensava.
Con le membra fredde e stanche
l’ordinanza s’aspettava!
La notizia è assai recente:
oggi il primo cittadino
molto assai benevolmente
col suo candido visino
ha deciso finalmente
che possiamo legalmente
fare il fuoco nel camino.
Grazie, grazie veramente!

mercoledì 22 ottobre 2014

LA FINE DEL GIORNO



Muore la stella dietro la collina,
mentre la nera coltre della sera
arranca e sale su per la sua china,
con un ultimo bagliore. E là,
sulla flessuosa pelle tremolante,
anche la scia dorata se ne va.
Un’ombra dalla cima si protende
che rende l’aria intorno fredda e scura.
E un movimento insolito riprende
di gente cupa, che silente s’incammina
nell’ora in cui la voce già s’incrina
pe’l gelido tremore e la paura
che vaga si diffonde verso il cuore.
In mani misteriose è la mattina!

giovedì 16 ottobre 2014

LA DISOCCUPAZIONE



Vedere i pesci sotto
nuotare la tua casa
e non pensare al mare.
Emigra la ragione!
Nessuno sa che fare
per abbassarne il tasso
che cifre spaventose
annunciano in aumento
di disoccupazione.
E intanto si rincasa;
lassù sulla parete
manda bagliori freddi
la pia televisione.


venerdì 10 ottobre 2014

LA SCELTA


Sciamare come torrenti lungo strade affollate

o radicarsi al suolo con forza irresistibile

come fanno i ginepri sulle pendici

sferzate dai venti e solitarie

non ci è dato, di sceglier

questo nel vorticoso

mondo in cui ci

ha deposto

il fato.

venerdì 3 ottobre 2014

L'ASSENZA


Seduto su una scheggia d’universo
guardo lo specchio nero che riflette
soltanto il gran silenzio siderale.
Non sento il vento che alita la vela
per l’infinito mare
e immobile mi sembra il firmamento
che luccica di tremuli bagliori
e vive solo grazie a un sole spento.
È fredda l’aria nella notte scura
e gelido è il mio cuore,
che sa d’essere dentro un’esistenza
schiacciata da un'assenza che spaura.