lunedì 23 ottobre 2017

L'APPARENZA




Le generazioni che verranno saranno più fortunate. Perché per comprendere  la storia avranno a disposizione anche le immagini, e non solo i libri. Come sarebbe diverso, infatti, se anche noi potessimo vedere Caligola, mentre nomina senatore il suo cavallo.
I giovani di domani potranno farsi un’idea precisa del nostro tempo  molto meglio che con tante letture, le quali non possono trasmettere il calore e la complessità di una conversazione che si può osservare. Sarà sufficiente mostrare loro  qualche trasmissione televisiva. E chi meglio dell’esperto d’arte che calca le scene da qualche decennio, messo in onda con regolare ostinazione ancora oggi senza pudore, potrebbe rappresentarglielo?
Mi viene in mente una  trasmissione della quale non  ricordo il nome. Il nostro sedeva su una specie di trespolo, del tipo di quelli che usano gli arbitri di tennis. Stizzito dall’argomentazione di una invitata, evidentemente non condivisa, costui la interrompe con la sua consueta raffinatezza. E senza farla finire, le chiede brutalmente se conosce Vittorino da Feltre. Un personaggio naturalmente preso a caso, tra quelli doverosamente conosciuti da tutti gli italiani che hanno frequentato la scuola dell’obbligo.
Al sommesso diniego della signora, che di certo non si trovava lì per parlare di storia dell’arte, l’esperto fa immediatamente onore al suo nome, iniziando la tiritera che ormai lo contraddistingue: “ Capra, capra, capra, ….lei è ignorante come una capra!”.
Quale migliore immagine di un pubblico, in mezzo al quale forse nessuno conosceva la risposta, che sghignazza e ride a questo stratagemma dialettico della specie più disonesta, per descrivere l’abisso di ignoranza, volgarità e bassezza morale dell’Italia di oggi?
Poiché tutti sono esperti nel proprio campo e ignoranti in quello altrui, sarebbe stata la stessa cosa se un ciabattino avesse chiesto alla signora che cos’è una lesina. Ma non si sarebbe raggiunto lo stesso effetto. Perché pur trattandosi di due esperti, il primo dei quali soltanto si guadagna da vivere con la sua arte, mentre il secondo con quella degli altri, quest’ultimo è un personaggio noto, mentre il primo è un perfetto sconosciuto.
L’apoteosi della morale profonda del nostro tempo,  che chi non appare non conta nulla.

mercoledì 4 ottobre 2017

LE REGOLE NON SCRITTE




C’è qualcosa che suscita  interesse, nella recente vicenda dei docenti universitari che truccavano i concorsi. Non tanto nell’episodio in sé, che  non solleva alcuna meraviglia. Bensì nelle parole del cattedratico, proferite senza scrupolo alcuno in faccia allo stupefatto ricercatore.  “Non fare l’inglese, sono regole non scritte”.
Ora quando un docente universitario, per giunta di diritto, pronuncia parole simili, sorgono almeno due domande.
La prima attiene a come si guadagna da vivere. Se costui si comporta come il medico, che dice al paziente di non fumare con la sigaretta in bocca, perché lo paghiamo?
La seconda invece riguarda il valore intrinseco di tali consuetudini. Che peso hanno in una società le regole non scritte e come la influenzano?
Per quanto attiene alla prima domanda, se un ospedale assume un chirurgo, senza che questo lo sia, siamo davanti da una parte ad un ente pubblico degenerato e dall’altra ad un criminale truffaldino. E la cosa finisce lì. Ma se ad assumere chirurghi senza laurea fossero i migliori ospedali del paese, allora saremmo davanti ad un sistema studiato apposta. A chi giova dunque mantenere sulle cattedre delle mele marce, quali quelle che la guardia di finanza ha stanato di recente dalle università?
La questione sollevata dalla seconda domanda è però più stimolante, perché apre le porte a sviluppi di grande interesse.
Se un inglese vuole scoprire il peso che hanno in Italia le regole non scritte, venga in vacanza da noi. Poi faccia un bel giro nelle città dì’arte e attraversi fiducioso le strade sulle strisce pedonali. Lo scoprirà presto.
Non può essere questo un modo per valutare con precisione, direi in modo matematico, il grado di democrazia di un paese?
Democrazia deve essere infatti sinonimo di trasparenza. Vale a dire  la conoscenza universale delle regole che garantiscono la convivenza civile, mentre le leggi non scritte sono l’opposto della trasparenza.
Si prendano dei casi (A), diciamo tirati a sorte, e si vada a controllare in pratica se il rispetto delle regole stabilite permettono di ottenere il diritto al quale si aspira (B). Oppure se, nonostante le regole, occorre agire in qualche altro modo per ottenere meglio e prima quello che ci spetterebbe.  
Si ponga il numero dei risultati positivi (B) al numeratore ed il numero degli esempi verificati (A), al denominatore. Risolvendo la frazione si otterranno così dei numeri da 0,1 a 1.
1 per il massimo di trasparenza e 0.1 per i sistemi che ne sono privi. I valori intermedi daranno l’idea di quale tipo di democrazia esiste nel paese esaminato. Mentre se si ottiene uno zero sarebbe bene fare le valigie, perché saremmo di fronte ad un regime totalitario.
Ecco alcuni esempi:
1.    Concorsi pubblici.
2.    Assegnazione di pensioni di invalidità.
3.    Graduatorie per case di riposo.
4.    Accesso alle cattedre di religione.
5.    Fruibilità delle strutture sanitarie.
6.    Disponibilità degli asili.
7.    Iscrizione agli albi professionali.
8.    Concessione di autorizzazioni di qualsiasi tipo.
9.    Richieste di licenze di qualsiasi tipo.
10. Elargizione di sussidi vari.
Ognuno può divertirsi a trovarne altri e a dare risposte in base alla sua esperienza o a quella di conoscenti o amici. La democrazia italiana sarà in mano vostra.