mercoledì 29 maggio 2013

IL BULLISMO


C’è sempre un indicibile pulsione
che muove i capi della bulleria
ma non si spiega quest’abominazione
senza l’ignavia e la vigliaccheria


di chi morboso assiste e non fa nulla
oppur di chi asseconda il vessatore,
di quel che minimizza e si trastulla
o di chi pensa trattarsi di folclore.


Di quelli che per loro professione
dovrebbero fermare la bassezza
e invece pensan solo alla pensione
lasciando sol nel mondo insicurezza,


mentre s’infestan sempre più i giardini
nel brodo insano della complicità
e indisturbati crescon gli aguzzini,
molesti insetti di questa società.



lunedì 27 maggio 2013

LA BUROCRAZIA


Se c’è una legge che te lo consente
e un funzionario che dice che non puoi,
anche se sei nel giusto non far niente
perché daran ragione sempre a lui.


Entrano sussiegosi in quel lavoro
seguiti da un codazzo di ruffiani
che solo per un residual decoro
si astengono dal batter lor le mani


e spulciano scartoffie a non finire
alla ricerca di un cavillo o di un però
da metter nel parere da fornire,
che gli consenta di poter dire no.


Salvo un ripensamento repentino
nel caso che si tratti di esaudire
un desiderio di chi gli sta vicino
col quale non può proprio dissentire,


che allora la ricerca sarà avviata
spulciando delle leggi il reliquiario
in modo che ragione sia trovata
per dir l’esatto adesso suo contrario.


Ché in questa, ch’è la patria del diritto,
prima per quantità di leggi al mondo,
lo trovi sempre un codicillo scritto
che faccia galleggiare o andare a fondo,


vergato in lingua astrusa e demenziale
elaborata assai perfidamente
dalla politica in modo trasversale
per fare ai cittadini capir niente.


Lo fan nella penombra delle stanze
di grigi e a volte austeri corridoi
che segnano e misuran le distanze
tra quel che sono loro e siamo noi,


perché soltanto essi han lo strumento
che ti permette l’interpretazione
di questa legge, che serve a piacimento
sia la giustizia che la corruzione.

venerdì 24 maggio 2013

LE BESTIE VERE



Ti serve un papa o la tua religione
per dir che da questi occhi prigionieri
terror traluce e gran disperazione
e che sgomento e angoscia sono veri?


O forse pensi che questa tua tortura
non possa percepirla un animale
sul quale infierir puoi senza paura
perché convinto di non fargli male?


Oppure mostri tanto accanimento
sol perché credi che ti sia concesso
di usar le altre creature a piacimento
al fine di raggiungere il  successo?


Comunque tu la pensi, tuttavia,
non è questo il cervello da studiare,
ma quello che ti ha aperto la via
per farti un aguzzino diventare.

mercoledì 22 maggio 2013

LA GIUSTIZIA



Capita spesso che a sideral distanza
si scopra che una vecchia archiviazione
che aveva annichilito la speranza
di chi vi si era opposto con ragione


coperto avesse un orrido reato,
con troppa fretta chiuso nel cassetto
da qualche assai solerte magistrato.
E ancora, ritornando a quel ch’è stato,


fa palpitare il cuore e trepidar la mente
il grido di Enzo Tortora a costoro
che “io signori miei sono innocente”,
sperando che lo fossero anche loro,


perché un potere così immenso
di rovinar la vita alle persone
dovrebb’esser concesso, così penso,
soltanto dopo gran valutazione.


Per non parlare poi di quella che,
con eufemismo lepido e sottile,
ancora vien chiamata, va da se,
giustizia, per distinguerla, civile,


la quale per emetter le sentenze,
che temono sia i furbi che i cialtroni,
e metter fine a inciuci e prepotenze
ha i tempi lunghi delle glaciazioni.


E poi ch’è uomo anche il magistrato,
non privo di passioni egli sarà,
seguir le quali non sarà bloccato
se non risponde mai di ciò che fa


e sol perché, com’anche per la chiesa,
c’è tra di loro chi riscatta tutti
con sacrificio e non badando a spesa
non è ancora scomparsa in mezzo ai flutti.


Perciò la frase sentita molto spesso
a confermare senza esitazione
di avere alla giustizia già concesso
fiducia cieca e grande ammirazione


mi sembra tanto un’asserzion bugiarda,
e non la condivido neanche un pò
considerato, per quel che mi riguarda,
che invece io per niente gliela do.


Perché procuratori e magistrati
son pubblici anche loro dipendenti
neanche messi, visti i risultati,
tra quelli più capaci ed efficienti,


talché sarebbe ardita confidenza
quella concessa a un’amministrazione,
in cui coscienza ed anche competenza
sono purtroppo solo un’eccezione.

domenica 19 maggio 2013

L'UGUAGLIANZA



Bella era e grandiosa quell’idea,
ma chi sulla sua pelle l’ha provata
la sfugge come i piedi la marea
e mostra anche la faccia disgustata.


Eppure dal sopruso e sfruttamento,
tanto patiti da generazioni,
è nata e ha tratto pure il suo alimento
spargendo ovunque speme e ribellioni.


Tant’é che da millenni di speranza,
da quando un padre solo fu dell’uomo,
era vicina ormai la fratellanza,
e dava le parole a un solo suono.


Finché alla fine i tanti sottomessi,
emersi da miseria e privazione,
uguali agli altri sono stati anch’essi
emancipati dall’orrida prigione.


Niente più abusi né soverchierie,
si disse quella gente con orgoglio,
basta con corruzione e ruberie,
e che del vero il mondo non sia spoglio,


ché adesso che ogni uomo vale uno
cadranno senza sforzo le prebende,
vantaggi e  privilegi per nessuno
e ognuno avrà quel che ciascuno rende.


E l’uomo nuovo a quelli obsolescenti
tolse lo scettro mettendosi al lavoro,
riempiendo  d’impiegati stato ed enti
scelti però soltanto tra di loro.


E quando i posti presero a mancare
si misero a inventare altri consigli
dove poter ancora sistemare
amanti, mogli, ultranipoti e figli


e i tanti che compagni nella lotta
avevano poi presentato il conto
insieme ad una fila ininterrotta
di postulanti senza alcun confronto


pagati con le tasse di quegli altri
che privi d’iscrizione o di iattanza
mai furono così abbastanza scaltri
da dubitar giammai della leanza


di quelli che alla testa dei cortei
diedero al popolo la sovranità
e l’affossaron poi da corifei
scordandosi purtroppo l’equità.


Ma quando quelle casse prosciugate
resero arduo alquanto continuare
taciti accordi e scelte interessate
un dietro l’altra presero a saltare


e il velo tenue come nebbia al sole
mostrò la vera faccia dei potenti
e di coloro che da questi a stuole
son stati messi a far da dirigenti.


Perché se anche un valeva uno
la lor prebenda sempre più aumentava
vantaggi e privilegi per ciascuno
per dargli molto più di quel che dava.


Mentre per gli altri tutto andava peggio
mancando sia il lavoro che lo stato
e pur continuando a frequentare il seggio
pauroso  rispuntava quel passato


di nuova e orrenda prostrazione
a danno sempre e solo degli stessi,
anche se ora un altro era il padrone
al quale dover stare sottomessi.


Così che l’uguaglianza, fu patente,
forse altro non è che un’utopia
quando la scelta si restringe all’altra gente
o a quelli che son della stirpe mia.

martedì 14 maggio 2013

IL RAZZISMO



La lepre cieca chiese al cacciatore:

tu che colore hai?

Ma sentì solo un gran dolore

e non lo seppe mai.

lunedì 13 maggio 2013

I PROFESSORI



Gentile ed aggraziata è la postura
e siedono espandendo competenza,
rispondono con eleganza e tanta cura
e ovunque ne è contesa la presenza.


Non è vistoso l’abito indossato
e solo tra le pieghe si intravede
il gusto superiore e ricercato
che li distingue anche in quella sede.


Non urlano rabbiosi come Sgarbo
perché l’alta sapienza e disciplina
ne impostano il contegno a grande garbo,
che anche con l’eloquio si raffina.


Affrontano i problemi con perizia,
ché il metodo di certo non gli manca.
L’incarico ed il luogo non li vizia
e mostrano sovente un’aria stanca.


Così son stati scelti dai partiti,
che stufi sol tra lor di litigare
si son trovati all’improvviso uniti
per non sapere più che cosa fare.


Diamo quest’occasione alla cultura
si sono detti allora per davvero
e ci hanno propinato questa cura
che rapida ha inventato la Fornero.


Così tanti esodati son comparsi
e quelli senza i padri professori
sempre senza lavoro son rimasti
tranne colui che l’ha trovato fuori.


E par che alla pensione per i vecchi
qualche decennio ancora si sia aggiunto
anche se poi i tanti rami secchi
fan solo che il virgulto cresca punto.


E a nulla valse ad essi quel lamento
di chi più non poteva continuare
anche oltre sessant’anni quel tormento
d’essere ancora al posto a lavorare,


ché se lo fanno loro, si son detti,
può farlo ancora meglio l’operaio
di stare ancora al sole sopra i tetti
a togliere quei coppi dal solaio.


Ed han tirato dritto quella strada
senza degnarli affatto d’uno sguardo
perché loro san bene ciò che aggrada
al popolo, che è sempre un po’ bugiardo.


E ai giovani, che già talmente choosy,
avevano ormai perso ogni speranza
tra i lavativi e ignavi li hanno inclusi
senza mostrare alcuna riluttanza.


E giù di nuovo tasse a non finire,
ché il conto da pagare era salato,
anche se poi han fatto anche sparire
posti a migliaia di lavoro dal mercato.


E a quelli che aspettavan speranzosi
una decisa guerra al privilegio
hanno mostrato a tutti che giustizia
tenevano soltanto in grande spregio,


ché non un solo spreco hanno toccato
colpendo sempre e solo duramente
chi già era stato alquanto salassato,
prendendo ovunque dalla stessa gente.


Finché qualcuno deve aver pensato,
ridando i loro allievi ai professori,
che se quello ottenuto è il risultato,
forse potevan farlo anche da soli.

sabato 11 maggio 2013

LA VITA



Scioglie la neve al sole
della presenza il raggio.
Fioriscono le aiuole
e torna anche il coraggio.

Ruggisce la natura
e smuove quei destini,
scacciando la paura
dei teneri  pulcini.

Incalza il desiderio
ed il bisogno spinge,
mentre rovina serio
l’uomo che lo respinge.

E tutto ruota intorno
senza che la ragione
di notte e anche di giorno
sfugga alla sua emozione.

Ma l’albero spezzato
e quella buca nera
che vomitan formiche
confuse nella sera

non sentono il rumore
né l’aria che si scura,
densa per quel fervore
che vibra da paura.

E ovunque nelle piazze
suona l’acciottolato
al riso delle ragazze,
che sfuma nel passato.

giovedì 9 maggio 2013

MURALES



C’è dell’arte sui muri

distanti dalla penombra dei musei.

Effimera come l’intonaco che la contiene,

essa sbiadisce al sole come il tempo che scorre

e scolora nella pioggia come la vita che passa.

Per la breve stagione che separa

chi la vede, da chi non si cura

e distratto passa oltre,

c’è dell’arte

sui muri.

martedì 7 maggio 2013

I PARASSITI



Chi si ostina ed al suo Stato
ciò che deve non darà,
parassita vien chiamato
dell’intera società.


Ma chi sperpera le tasse
che altri invece hanno versato,
sarebbe equo si chiamasse
parassita dello Stato.

lunedì 6 maggio 2013

IL PAESE DEI DOTTORI


Non c’è ancora una ricerca
che ne dia una spiegazione,
anche s’è ormai cosa certa
ch’essa sia una mutazione.


Perché anche la nazione
come tutte le creature
cresce con la selezione
che raddrizza le storture.


E anche se non si sa come,
abbastanza impertinente,
quel prefisso insieme al nome
è cresciuto lentamente,


tanto che questo stivale
si è ben presto trasformato
diventando meno male
più capace e più dotato.


Lo si trova sulla porta
degli uffici del comune
e nessun ente di sorta
ne risulta ormai immune.


Ce l’ha il sindaco e il becchino,
non ne è privo l’impiegato,
se lo appunta lo spazzino,
che lo fa da laureato.


Se ne vanta anche il bidello,
che pur senza esporlo fuori
è comunque del livello
degli stessi professori.


E la gente che lo sa
va cercando all’occorrenza
sol chi il titolo ce l’ha,
perché basta la presenza


a garantirne la spessura
senza tema di smentita.
Ch’è assai  grande la natura
e qui proprio c’è riuscita,

a creare il più efficace
dei suoi gran capolavori:
di distinguer l’incapace
dalla schiatta dei dottori.


Tanto grande è quel valore
dal paese attribuito
a quel titolo d’onore
da apparir talmente ambito


che qualcuno più fornito
senza tema d’andar via
con enorme sacrificio
lo rimedia in Albania.


Perché ai dotti del paese,
cui d’arguzia mai difetta la natura,
non importano le spese
ma la forma e la stesura


di quel gran certificato,
che distingue giustamente
l’uomo colto e laureato
dalla massa incompetente.


Ch’è palese per notabili e preclari
dove stanno la saggezza e l’onestà.
Là dov’è precluso il passo dei somari:
nelle auguste  sedi delle università.


Tant’è che nel governo del momento
grande vergogna e scherno ha suscitato
non tanto quello strano accoppiamento,
ma che ci fosse dentro un diplomato.


E quindi questa nostra evoluzione,
ch’è sulla terra invidia delle genti,
gran segno ed anche ammirazione
d’imperituri eventi


tosto sarà memento.
L’Italia ancor baciata
d’altro rinascimento,
e finalmente riscattata.