mercoledì 28 dicembre 2016

L'ISPIRAZIONE



Ho qualcosa da dire,
non so come né cosa, però.
Percepisco la trama
di parole indistinte
e aspetto per un bel po’.
A volte un bagliore notturno
mi rivela una frase rabescata
e dal sogno casuale
s’innesca un lume magistrale.
Altre volte non so,
e scrivo una cazzata.


giovedì 22 dicembre 2016

IL BOTTEGAIO



Passò la vita a vender la porchetta
e a mettere da parte i suoi danari.
Sapeva far di conto in tutta fretta
e conosceva tutto dei maiali.

Col resto qualche volta era furbetto
perché lui era una gran risparmiatore
e non amando pause né diletto
trascorse il tempo da lavoratore.

Mentre gli amici andavano in vacanza
lui si comprò negli anni del servizio
case, palazzi e terre in abbondanza
tenendosi lontano da ogni vizio.

La conoscenza la lasciava agli altri,
l’erudizione non valeva niente,
tenendo per costumi buoni e scaltri
soltanto i suoi, nel giudicar la gente.

Vendendo vino e fumo senza ozio
nell’aria più malsana che ci sia
tra i suoni d’uno squallido negozio,
senza bellezza, il tempo volò via

ad ingrossare solo il capitale,
sfruttando spesso le miserie altrui;
di quella gente bisognosa e frale
a cui i soldi li prestava lui

per poi, seduti fuori dal locale,
berseli insieme oziando tutto il giorno
in un degrado vano e generale
che contagiava tutto quanto intorno.

E lì lo vidi, qualche tempo dopo.
Contratto tra uno spasmo o convulsione,
con l’occhio fisso e spento, come vuoto,
cercando d’appoggiarsi al suo bastone

orrendi suoni dalla bocca uscendo,
senza né senso né significato,
e poi su d’una sedia ricadendo
la testa reclinata,  rassegnato,

insieme ai suoi clienti nella sorte.
Uguale proprio a loro,  gli occhi affranti,
a meditare tardi sulla morte
tra i derelitti ormai… uno dei tanti.

domenica 11 dicembre 2016

LA NEBBIA



La nebbia a pelo d’acqua
offusca dei riflessi anche i contorni.
Specchio infedele come la memoria,
che ci rimanda il tempo
degli antichi giorni.
Un sole lieve scioglie quelle brume
ed una brezza calda le dissolve.
Adesso vedo gli alberi e la strada.
Una speranza mi riscalda il cuore,
ma quella nebbia nessuno la dirada.

mercoledì 30 novembre 2016

RIPENSATECI



Voi che avete deciso di votare no,  fratelli,
ripensateci, perché sarà diverso lo scenario.
Volete rivedere le auto blu? Torneranno I privilegi
e Cottarelli, il commissario, non sarà servito a niente.
Nessun taglio più. E del debito i vostri figli, gente,
pagheranno gli interessi. È questo che volete?
Un Presidente  che si senta un padreterno?
Suvvia. Volete una televisione di governo?
Tornare a subire la cocente umiliazione
d’adulare un imbecille, per la raccomandazione?
Questo succederà. Considerate che il vostro lavoro,
potrebbero pagarlo con Voucher giornalieri, e non al mese.
Ricominciare ad aspettare l’anno dopo per un esame
o doverselo pagare per mancanza di un servizio?
Le banche non serviranno più le imprese,
la sanità sarà divelta. Quelli con il vitalizio
vi manderanno in pensione a settant’anni, a poco a poco.
I corrotti saran sempre più efficaci.
Tali le conseguenze della vostra scelta.
Siate sagaci.

sabato 26 novembre 2016

ZELINDO



Niva so a scola sa la Topolino
e la fermava sempre sott’a ‘n mur.
Era ‘l mi Prof dle Medie di Latino
e dava l’impression da essa ‘n dur.

Sopra ‘l tettucc, na spec de secch sc’meteva,
perché la tela vecchia era bugata
e se che ‘l giorne sopra i ce pioveva
trovava tutt la machina allagata.

Sa lo, tla class, nesun parlava mai
e anca s’era bass, fava paura.
Però tel su lavor sc’meteva cura
e quel che t’insegnava ancora el sai.

Per veda se avevam daver studiat
usava na metodica severa
che se l’arcont adess sembra inventat,
anca se poss giuré ch’è propri vera.

C’aveva sempre du tre bollettari
c’teneva tra le man sempre ben stretti
cum quei dle mult, ti uffici giudiziari.
Quand’arportava i compit già coretti

per ogni virgoletta c’se sbaiava
fava paghé na lira de sansion,
mo se sbaiavi un punt te s’aggravava
e costava cinq lir la punision.

E prima o poi avevi da paghé
e guai se c’era quel che ‘n el faceva,
perché quand se meteva a controlé
la multa te dventava piò severa

e te butava fora dalla porta.
Mo pro, se stag a scriva quest maché,
anca s’di spiciulin ni ho dat na sporta,
io ma Zelindo…  l’ho da ringrazié! *

 * Dialetto d'Urbino


Traduzione

Veniva a scuola con la Topolino
e la parcheggiava sempre sotto un muro.
Era il mio professore alle medie di latino
e dava l’impressione di essere un duro.

Sopra il tettuccio metteva una specie di secchio,
perché la vecchia tela era forata,
e se quel giorno avesse piovuto
avrebbe ritrovato la macchina tutta allagata.

In classe, con lui, nessuno fiatava mai
e anche se era basso, faceva paura.
Però nel suo lavoro metteva molta cura
e quello che c’insegnava, ancora lo sai.

Per vedere se avevamo studiato
usata un metodo severo,
che se lo racconto ora sembra inventato
anche se posso assicurare che è tutto vero.

Aveva sempre due o tre bollettari
che teneva ben stretti tra le mani,
come quelli delle multe negli uffici giudiziari.
Quando riportava i compiti corretti,

per ogni virgola che si sbagliava
faceva pagare una lira di sanzione,
ma se sbagliavi un punto s’aggravava
e pagavi cinque lire la punizione.

Prima o poi dovevi pagare
e guai a chi non lo faceva,
perché quando si dedicava a controllare
la multa diventava più severa

e ti mandava fuori dalla porta.
Però, se io sto a scrivere tutto questo,
anche se di spiccioli gliene ho lasciati una borsa piena,
io a Zelindo… lo devo ringraziare.

lunedì 21 novembre 2016

SOLITUDINE



Un panorama spoglio e desolato
come di caki un albero d’inverno
s’imprime su uno sguardo disperato
che vaga cieco nello spazio eterno.
Vivida luce all’occhio trasognato
che scruta lento l’angolo malfermo
rimanda solo un mondo dilatato
che pende sull’abisso dell’inferno.
Quello che è tu non lo sai ancora
e mentre il sangue scorre nelle vene
non senti che l’angoscia del domani.
E quello che saprai, dalle tue mani,
ormai serrate oppure chiuse insieme,
non avrai cenno mai, passata l'ora.

martedì 15 novembre 2016

BERSANI




Non te la prender col destino ingrato,
che tanto a questo mondo poco dura
e chi la casa l’arredò con cura
col tempo poi può essere sfrattato.
Mentre che al sole caldo e all’aria pura
sei alla guida, esperto e rispettato,
stringi forte il timone navigato
perché altrimenti un altro te lo fura.
Al tempo del comando incontrastato
chi l’ha cresciuto il popolo sovrano
sei stato tu, carissimo Bersani,
sei tu che il fiorellino gliel’hai dato;
adesso dunque non ti sembri strano
se sono tutti ormai democristiani.

mercoledì 9 novembre 2016

LA SUPERBIA




Ride,
il grande giornalista,
l’esimio professore.
Ride il commentatore.
Pensa che non capisca un cazzo
chi difende la Costituzione.
Ma nasconde lo sconcerto per l’andazzo,
quando il mondo prende un’altra direzione.

giovedì 3 novembre 2016

ITALIA DEMORENZIANA



Terremoto devastante
disperati per la strada
il lavoro giornaliero
spesso anche senza paga
gente affonda e muore in mare
la miseria degradante
corruzione ovunque vai
e le mafie a guadagnare
che politici bonsai
non riescono a fermare
truffatori di vecchiette
banche marce affari fare
e la Boschi che sparisce
la Morani a sproloquiare
gente che la deve odiare
e l’esperto delle sette
tace adesso il monsignore
mostra al pubblico le tette
e la bocca da guanciale
Grillo è solo un fascistone
dalla tele è tutto un coro
il compunto intellettuale
il mercato del lavoro
non è certo un bell’andazzo
e la meritocrazia
chi li vota è populista
e poi non capisce un cazzo
ma se uno vuol cambiare
non votare Berlusconi
e neanche per la lega
ma soltanto quel partito
che degli altri se ne frega
non si taglia lo stipendio
ama la democrazia
però senza opposizione
forse quello avea ragione
e del resto poco prima
osannavan Mussolini
settant’anni sono pochi
per cambiare dei cretini
non chalance amico caro
fatti solo i cazzi tuoi
gli argomenti sono pochi
calcio, fica, soldi in banca
evasori compulsivi
mentre qui lo Stato arranca
sempre colpa dell’Europa
il tedesco cattivone
che tra un po’ ci butta fuori
con l’emerito spaccone
referendum immediato
vota la Costituzione
mondo nuovo generato
i pedofili indecenti
assassini delle donne
psicopatici e violenti
il patetico amatore
e i capelli assai fluenti
i consigli di Briatore
quella è proprio tutta scema
gli s’annebbia anche la vista
il prosecco di Zonin…
e il nemico per il prete
che dal pulpito del porto
istruisce i suoi fedeli
a fendenti d’anatema
è la festa satanista
d’Halloween.

mercoledì 26 ottobre 2016

L'OBIETTORE DI COSCIENZA



Così la terra gira ed alla luce
riporta anche l’infamia, tuttavia,
con tutto quello che con sé conduce
l’ignavia e  l’arrogante ipocrisia.
E questa storia triste e svergognata
dal sole di Sicilia prende il via.
Laggiù una sorte orrenda e immeritata
colpiva la tua giovane esistenza
quando, dalla speranza accompagnata
per folta di dottori la presenza,
entrasti a partorire in ospedale
all’ombra ed al riparo della scienza.
Ma il parto non fu lieve. E fu reale
che i figli che tu tanto ebbi aspettato,
l’uno gemello all’altro in tutto uguale,
se non estratti, t’avrebbero ammazzato.
In preda ad un dolore lancinante
chiamasti aiuto, e il grido disperato
fendette l’aria e il cielo più distante.
Ma lì vicino, Valentina, l’uomo
dal niveo camice sul corpo aitante
parve lontano e assente dal frastuono
mentre ti contorcevi nel dolore.
Solo auscultava il cuore, chino e prono
del tuo bambino, perché quel dottore,
indifferente di quel tuo patire,
insieme a tutti gli altri era obiettore.
Forse una breve pausa nel soffrire
ti fece intraveder la verità,
ma troppo tardi adesso per fuggire.
Per trenta ore te ne stetti là
a urlare di ricevere una cura
e a reclamare almeno la pietà.
Ma in quella sala bianca di tortura
pervasa dall’amore del pietista
ti venne la risposta la più dura.
A tanto può la furia rigorista,
dell’uomo intruso dalla religione,
giunger da fargli perdere di vista
perfin la naturale compassione.

sabato 22 ottobre 2016

IL CONCORSO PUBBLICO



Riaprono i concorsi,
assumerà il Comune;
l’ha detto nei discorsi
il fiorentino nume.
Perfino la Provincia,
anche se malandata,
s’adegua e ricomincia
la solita infornata.
La tiepida speranza
adesso si ravviva:
si libera una stanza
nella cooperativa.

giovedì 13 ottobre 2016

FO



A me quell’uomo m’ha tenuto a balia,
prima però che fosse censurato.
Girava pei teatri dell’Italia
e non è stato mai né misurato
né servo del padrone del momento.
Io, Dario, lo ricordo molto amato,
quando irridente e coi capelli al vento,
parlava quella lingua universale
lucente e chiara come fosse argento.
Lui lo sapeva dove stava il male
e lo diceva con le sue parole,
fatte di miele mai, bensì di sale.
Ma in un paese di cotanta prole,
chi critica il potere e il Vaticano
e onesto con se stesso stare suole,
di solito non va tanto lontano.
E infatti fu la fredda terra Svea
che seppe riconoscer l’Italiano.
Che s'aspettava noi... sai che canea!


martedì 11 ottobre 2016

LA COERENZA



La coerenza agli imbecilli
non s’addice neanche un po’
perché tra spergiuri e strilli
dicon che chi dice no

e la vecchia idea non storna
agli stupidi appartiene
e soltanto a chi s’aggiorna
la politica conviene.

Ma nessuno gli ha mai detto
che se cambi molto spesso
sei soltanto un poveretto
o uno che mi vuol far fesso.

lunedì 3 ottobre 2016

NOSTALGIA



Dopo piogge di cieli distanti
e di strade affollate di gente
quando i giorni si fanno pesanti
mi diletta la ruota ruggente

sotto il murmure tuono che sfugge
lungo il vasto  mantello annerito,
che sospinta da un duolo che strugge
mi riporta nel simbolo avito.

Riconosco dei monti il contorno
e le loro pendici scoscese;
le colline che a loro d’intorno
li circondano in vaste distese

e ravviva il conforto del cuore
dell’infanzia la gioia innocente
perché mai il ricordo non muore
come l’acqua da fonte sorgente

se profonda la falda la spinge.
C’è qualcosa che sempre rimane
ed il tempo passato non stinge
che riguarda le origini umane.

mercoledì 28 settembre 2016

IL PROGRESSO



Ora m’accingo a scendere il sentiero
che mi ha condotto dove sono adesso,
perché voglio sapere se sia vero
che il mondo evolva sempre nel progresso.

E più ritorno indietro e più cammino
più sale un gran fetore dal passato
e più all’antica gente m’avvicino
più sembra il mondo sempre depravato.

A fiumi insanguinati esso mi porta
e a laghi sterminati di paura;
violenza stupri abusi  d’ogni sorta
massacri senza fine e furia pura

ad ogni passo, con poche interruzioni,
per quello che, dai tempi che sappiamo,
di  storia umana sono le lezioni
che ai posteri da sempre tramandiamo.

La stessa gente che le televisioni
ci mostrano smarrita nelle tane;
rovine lutti e poi devastazioni
popoli in fuga e bimbi senza pane

ci sono sempre stati, come ora,
in dura lega insieme con la vita.
Nulla di nuovo sotto il sole allora?
La brace cova ardente incenerita

e muto il suo calore si diffonde;
un mare piatto quando il vento spira
ben presto si ricoprirà di onde.
Così una forza cieca spinge e tira

e cade il sasso giù dalla collina.
Così nel fiore l’ape si rinserra
e come un uovo cova la gallina
l’umanità da sempre fa la guerra.

Risalgo lesto indietro pensieroso
e scorgo lunge la trincea indurita
dove mio nonno si fece coraggioso
e ci lasciò una gamba, altri la vita.

E dopo appena una generazione
ancora dei soldati insanguinati;
sotto le bombe e il tiro del cannone
milioni d’innocenti massacrati.

Poi dentro i forni accesi e incandescenti,
mentre la pelle svaporava nel terrore
e il grido si fermava in mezzo ai denti,
inutilmente s’aspettò il Signore.

Sempre più morti nel ritornar la via
che il lento progredire della scienza
e l’avanzar della tecnologia
producono con molta più efficienza.

Ma dopo la fiammata devastante
il fuoco sembra essersi fermato
ed ora brucia un poco più distante
qua e là soltanto, in modo limitato.

Eppure sono tante le stagioni
passate ormai dall’ultimo olocausto
quando tra loro armate le nazioni
fecero della terra un solo encausto.

Dunque il progresso, se io vivo, c’è,
se i nostri figli non sono andati in guerra;
e mi domando allora che cos’è
che tutto l’odio che cova sulla terra

l’ha ora raggelato e spinto via.
Cos’è che frena adesso l’ambizione,
la brama di potere e quel che sia
dell’uomo la temibile passione.

Cos’è che il prepotente ed il mastino,
ed il superbo o quello pieno di rancore;
cos’è che può fermare l’assassino,
l’invidia, la lussuria ed il livore.

Ciò che non fece la filosofia
né l’etica poté o la religione;
quello dove fallì l’ideologia
ed anche la cultura e la ragione

nel dare all’uomo almeno la speranza
di vivere una vita meno dura,
non fu l’amore o la tolleranza,
ma solo l’egoismo e la paura.

Fu facile da stanze profumate
mandare gli altri a farsi massacrare;
comodo tra le feste e le risate
sol con un gesto morte comandare;

pontificare sui destini sacri
davanti a folle d’uomini obbedienti
e poi metter le mani nei lavacri
di fronte al grido acerbo delle genti.

Ma non si può più fare questo adesso.
Perché premuto il dito sul bottone,
grazie allo slancio intenso del progresso,
muore con il suo servo anche il padrone.