Ricordo i tetti e i cineri orizzonti
dei colli digradanti alle vallate;
ricordo i giorni caldi dell’estate
ed i pennacchi scuri sopra i monti.
La marna calcinata al solleone
ed i falaschi gialli dei dirupi
la corsa quotidiana e le persone
e i giorni della vita allegri o cupi.
Il tempo della prima sigaretta,
lo sguardo dell’amico più sincero.
Il primo giro sopra una lambretta
la vista dai torrioni al cimitero.
Il fuoco degli inverni sulle mani
ricordo, per i giochi sulla neve;
ricordo le speranze dei domani
e le ragazze con lo sguardo lieve.
Quella città, struggente e dolce era
nell’umido travaso di autunnali
caligini fumanti, che spettrali,
dalle Cesane calavano di sera.
Ombre solinghe, sgusciate dai tuguri
o risvegliato il sonno dagli annali,
vedevi camminar rasente ai muri
avvolti nei velari tutti uguali.
Senza paura, allora, senza quei timori
che il cuore pompa quando il mondo è vuoto;
perché sentivi sempre dai rumori
che circolava il sangue nell’ignoto.
E la città pulsava ai tempi miei
scomparsi, ormai. Perché se’n te se acort
adess tle strad en vedi più i burdei
e sensa i abitant… Urbin è mort.*
· Traduzione
Perché se non ti sei accorto
adesso per strada non vedi più i bambini
e senza gli abitanti… Urbino è morta.