venerdì 28 settembre 2018

L'INVIDIA




Due motivazioni spingono l’uomo alla ribellione: l’ingiustizia e l’invidia.
Ma cosa rimane delle lotte del passato, se non il residuo insolubile di quest’ultima, precipitato di una soluzione limpida ormai gettata al vento?
L’invidia  è inconfessabile. Essa si maschera di indignazione e persino di altruismo.
Per riconoscerla bisogna aspettare che ottenga quello che veramente desiderava.
Quando la sottomissione si emancipa, e sottomette; quando il privilegio cambia padrone; quando l’umiliato umilia ed il deriso deride; quando l’abusato abusa; quando il derubato ruba; e quando in prima fila, davanti al prete, vedi gli anticlericali di un tempo …, lì ci sono solo invidiosi.

sabato 15 settembre 2018

L'EMIGRAZIONE




Sì, siamo stati emigranti. Ma è giusto il paragone?
Ho conservato il passaporto di mio padre. Tempestato di timbri d’ingresso.
Non entravi in Svizzera senza dimostrare dove avresti lavorato, dove avresti abitato e quando saresti andato via.
Dopo la guerra, pochi erano i paesi rimasti in piedi in Europa. C’era anche il Lussemburgo? Erano gli unici ad avere le fabbriche, gli impianti industriali e le infrastrutture, perdute dagli altri sotto i bombardamenti. Un ritmo produttivo gigantesco, per i pochi abitanti di quei paesi.
La Volvo svedese veniva in Italia a reclutare gli operai di cui aveva bisogno. E in Svizzera scorreva il sangue sulle mani callose.
Ma chi lavorava, aveva anche dei diritti. Ed era contento di stare in un paese civile. Non come gli schiavi nei nostri campi di pomodori.
Le leggi venivano rispettate. Perché chi sgarrava era immediatamente rimpatriato.
Il profitto di quel lavoro emigrante ha creato la loro ricchezza, e la rinascita dell’Italia.
Ma ci hanno regalato qualcosa?
Le parole di Manfredi nel bellissimo film “Pane e cioccolata” dovrebbero essere incise sul bianco marmo degli eroi. “Je damo già er culo, me pare che basti”.
È giusto il paragone?

giovedì 13 settembre 2018

IL RELATIVISMO




Non si può essere così fanaticamente relativisti, da negare che esista qualcosa di assolutamente cattivo o assolutamente buono. Ma il massimo del relativismo, mascherato dietro la rivelazione di verità eterne, lo predicano le religioni. Perché ci sono tante morali, quante sono le fedi al mondo.
L’etica, però, non nasce dalle religioni, bensì dalla comune natura umana. Essa sorge dalla reciprocità, per cui chi uccide può essere a sua volta ucciso. E dalla compassione, che rimorde la coscienza, se non si aiuta chi ha bisogno. Solo l’indottrinamento dei fanciulli può depravare la natura a tal punto, da far accettare l’infibulazione, la lapidazione o la pratica di bruciare vivi i dissidenti. 
Ci sono voluti secoli di lacrime, per creare in occidente società democratiche e liberali, osteggiate dalla chiesa.  E contrastare la penetrazione di fedi incompatibili coi nostri valori, riempiendo i muri di crocifissi, è puro delirio. Chi lo promuove è solo un clericale, che coglie il momento, per conculcare il secolarismo e le sue conquiste.
Lo Stato non ha bisogno di religioni, che sono tutte opinabili, ma di laicità, che difende la libertà di tutti. Chi capisce questo, non dovrebbe dolersi della fine di un partito, che l’ha svenduta.

giovedì 6 settembre 2018

L'AUTOCOSCIENZA




Di certo la natura, nel suo incedere selettivo, ha dovuto percorrere sentieri impervi e rischiosi. Ad ogni passo trovando sul suo cammino tranelli spaventosi, cadendo nei quali avrebbe ottenuto il risultato opposto. L’estinzione della specie che avrebbe voluto far progredire.
Fornire gli uomini di autocoscienza deve essere stato uno di quei passaggi. Il salto immenso ed inspiegabile dalla conoscenza alla conoscenza di conoscere.
Dotare un animale, sbattuto nel mondo a cercare da solo la sua strada, di una autocoscienza ha significato, infatti, renderlo consapevole che il fallimento sarebbe costato la morte. Una conoscenza insopportabile,  per chi ha programmata dentro di sé la paura della fine, come il peggiore dei mali.
Chi sopporterebbe il fardello di sudare e annientarsi di fatica per una vita così misera, quando con un semplice pugnale potrebbe liberarsi dal peso? Dice Shakespeare.
Il tempo a sua disposizione ha dovuto aiutare la natura. Milioni di anni e di suicidi, che le hanno consentito di trovare l’antidoto. Un ormone dal nome gentile, prodotto da noi stessi, che creasse l’illusione di un mondo amichevole e benigno. La serotonina.
La sua mancanza sprofonda l’uomo  negli abissi della depressione. Forse la condizione normale dei primi, sfortunati sperimentatori dell’autocoscienza.