giovedì 13 giugno 2013

LA DEPRESSIONE


Mi sveglio una mattina
stanco ed assai stupito
d’essere stato a letto
senz’aver mai dormito,

e dopo cinque giorni
d’insonnia e di passione
m’aggiro ancor per casa
la testa nel pallone.

Alla consultazione
il medico è perplesso.
Forse è una depressione,
dice, e sta arrivando adesso.

Rimango un po’ basito
ed allibito assai,
perché non ho tristezza
e son privo di guai,

essendo che fortunato
ho smesso la funzione
e finalmente andato
sono anche io in pensione.

Prendo le pilloline
che mi dà per dormire,
ma tutte le mattine
mi pare di svenire

e lentamente sento
che sto per sbarellare,
perché senza un momento
di sonno, non puoi stare.

Finché una notte chiara,
in giro neanche un’ombra,
imbocco una strada vara,
il ponte della Ghironda,

perché con scelta estrema
l’effetto di calmarmi
ce l’ha ormai solo un tema:
quello di suicidarmi.

Salgo sul parapetto
e guardo l’acqua scura
pensando: se mi getto,
non avrò più paura.

E quando sto per farlo
una vocina appare
pungente come un tarlo:
perché ti vuoi buttare?

Eh già! Dico a mia volta
dov’è il motivo grave
che mi ha portato qui
per farmici ammazzare?

Che razza di coglione!
Stavo per farmi fuori
senz’alcuna ragione.
Ed ho scoperto, solo a posteriori,

che questa tra mortali malattie
di certo è la più subdola, perché
t’uccide sempre senza cortesie,
ma lo fa fare solamente a te.


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