mercoledì 26 ottobre 2016

L'OBIETTORE DI COSCIENZA



Così la terra gira ed alla luce
riporta anche l’infamia, tuttavia,
con tutto quello che con sé conduce
l’ignavia e  l’arrogante ipocrisia.
E questa storia triste e svergognata
dal sole di Sicilia prende il via.
Laggiù una sorte orrenda e immeritata
colpiva la tua giovane esistenza
quando, dalla speranza accompagnata
per folta di dottori la presenza,
entrasti a partorire in ospedale
all’ombra ed al riparo della scienza.
Ma il parto non fu lieve. E fu reale
che i figli che tu tanto ebbi aspettato,
l’uno gemello all’altro in tutto uguale,
se non estratti, t’avrebbero ammazzato.
In preda ad un dolore lancinante
chiamasti aiuto, e il grido disperato
fendette l’aria e il cielo più distante.
Ma lì vicino, Valentina, l’uomo
dal niveo camice sul corpo aitante
parve lontano e assente dal frastuono
mentre ti contorcevi nel dolore.
Solo auscultava il cuore, chino e prono
del tuo bambino, perché quel dottore,
indifferente di quel tuo patire,
insieme a tutti gli altri era obiettore.
Forse una breve pausa nel soffrire
ti fece intraveder la verità,
ma troppo tardi adesso per fuggire.
Per trenta ore te ne stetti là
a urlare di ricevere una cura
e a reclamare almeno la pietà.
Ma in quella sala bianca di tortura
pervasa dall’amore del pietista
ti venne la risposta la più dura.
A tanto può la furia rigorista,
dell’uomo intruso dalla religione,
giunger da fargli perdere di vista
perfin la naturale compassione.

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