domenica 19 maggio 2013

L'UGUAGLIANZA



Bella era e grandiosa quell’idea,
ma chi sulla sua pelle l’ha provata
la sfugge come i piedi la marea
e mostra anche la faccia disgustata.


Eppure dal sopruso e sfruttamento,
tanto patiti da generazioni,
è nata e ha tratto pure il suo alimento
spargendo ovunque speme e ribellioni.


Tant’é che da millenni di speranza,
da quando un padre solo fu dell’uomo,
era vicina ormai la fratellanza,
e dava le parole a un solo suono.


Finché alla fine i tanti sottomessi,
emersi da miseria e privazione,
uguali agli altri sono stati anch’essi
emancipati dall’orrida prigione.


Niente più abusi né soverchierie,
si disse quella gente con orgoglio,
basta con corruzione e ruberie,
e che del vero il mondo non sia spoglio,


ché adesso che ogni uomo vale uno
cadranno senza sforzo le prebende,
vantaggi e  privilegi per nessuno
e ognuno avrà quel che ciascuno rende.


E l’uomo nuovo a quelli obsolescenti
tolse lo scettro mettendosi al lavoro,
riempiendo  d’impiegati stato ed enti
scelti però soltanto tra di loro.


E quando i posti presero a mancare
si misero a inventare altri consigli
dove poter ancora sistemare
amanti, mogli, ultranipoti e figli


e i tanti che compagni nella lotta
avevano poi presentato il conto
insieme ad una fila ininterrotta
di postulanti senza alcun confronto


pagati con le tasse di quegli altri
che privi d’iscrizione o di iattanza
mai furono così abbastanza scaltri
da dubitar giammai della leanza


di quelli che alla testa dei cortei
diedero al popolo la sovranità
e l’affossaron poi da corifei
scordandosi purtroppo l’equità.


Ma quando quelle casse prosciugate
resero arduo alquanto continuare
taciti accordi e scelte interessate
un dietro l’altra presero a saltare


e il velo tenue come nebbia al sole
mostrò la vera faccia dei potenti
e di coloro che da questi a stuole
son stati messi a far da dirigenti.


Perché se anche un valeva uno
la lor prebenda sempre più aumentava
vantaggi e privilegi per ciascuno
per dargli molto più di quel che dava.


Mentre per gli altri tutto andava peggio
mancando sia il lavoro che lo stato
e pur continuando a frequentare il seggio
pauroso  rispuntava quel passato


di nuova e orrenda prostrazione
a danno sempre e solo degli stessi,
anche se ora un altro era il padrone
al quale dover stare sottomessi.


Così che l’uguaglianza, fu patente,
forse altro non è che un’utopia
quando la scelta si restringe all’altra gente
o a quelli che son della stirpe mia.

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