mercoledì 22 maggio 2013

LA GIUSTIZIA



Capita spesso che a sideral distanza
si scopra che una vecchia archiviazione
che aveva annichilito la speranza
di chi vi si era opposto con ragione


coperto avesse un orrido reato,
con troppa fretta chiuso nel cassetto
da qualche assai solerte magistrato.
E ancora, ritornando a quel ch’è stato,


fa palpitare il cuore e trepidar la mente
il grido di Enzo Tortora a costoro
che “io signori miei sono innocente”,
sperando che lo fossero anche loro,


perché un potere così immenso
di rovinar la vita alle persone
dovrebb’esser concesso, così penso,
soltanto dopo gran valutazione.


Per non parlare poi di quella che,
con eufemismo lepido e sottile,
ancora vien chiamata, va da se,
giustizia, per distinguerla, civile,


la quale per emetter le sentenze,
che temono sia i furbi che i cialtroni,
e metter fine a inciuci e prepotenze
ha i tempi lunghi delle glaciazioni.


E poi ch’è uomo anche il magistrato,
non privo di passioni egli sarà,
seguir le quali non sarà bloccato
se non risponde mai di ciò che fa


e sol perché, com’anche per la chiesa,
c’è tra di loro chi riscatta tutti
con sacrificio e non badando a spesa
non è ancora scomparsa in mezzo ai flutti.


Perciò la frase sentita molto spesso
a confermare senza esitazione
di avere alla giustizia già concesso
fiducia cieca e grande ammirazione


mi sembra tanto un’asserzion bugiarda,
e non la condivido neanche un pò
considerato, per quel che mi riguarda,
che invece io per niente gliela do.


Perché procuratori e magistrati
son pubblici anche loro dipendenti
neanche messi, visti i risultati,
tra quelli più capaci ed efficienti,


talché sarebbe ardita confidenza
quella concessa a un’amministrazione,
in cui coscienza ed anche competenza
sono purtroppo solo un’eccezione.

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