lunedì 6 maggio 2013

IL PAESE DEI DOTTORI


Non c’è ancora una ricerca
che ne dia una spiegazione,
anche s’è ormai cosa certa
ch’essa sia una mutazione.


Perché anche la nazione
come tutte le creature
cresce con la selezione
che raddrizza le storture.


E anche se non si sa come,
abbastanza impertinente,
quel prefisso insieme al nome
è cresciuto lentamente,


tanto che questo stivale
si è ben presto trasformato
diventando meno male
più capace e più dotato.


Lo si trova sulla porta
degli uffici del comune
e nessun ente di sorta
ne risulta ormai immune.


Ce l’ha il sindaco e il becchino,
non ne è privo l’impiegato,
se lo appunta lo spazzino,
che lo fa da laureato.


Se ne vanta anche il bidello,
che pur senza esporlo fuori
è comunque del livello
degli stessi professori.


E la gente che lo sa
va cercando all’occorrenza
sol chi il titolo ce l’ha,
perché basta la presenza


a garantirne la spessura
senza tema di smentita.
Ch’è assai  grande la natura
e qui proprio c’è riuscita,

a creare il più efficace
dei suoi gran capolavori:
di distinguer l’incapace
dalla schiatta dei dottori.


Tanto grande è quel valore
dal paese attribuito
a quel titolo d’onore
da apparir talmente ambito


che qualcuno più fornito
senza tema d’andar via
con enorme sacrificio
lo rimedia in Albania.


Perché ai dotti del paese,
cui d’arguzia mai difetta la natura,
non importano le spese
ma la forma e la stesura


di quel gran certificato,
che distingue giustamente
l’uomo colto e laureato
dalla massa incompetente.


Ch’è palese per notabili e preclari
dove stanno la saggezza e l’onestà.
Là dov’è precluso il passo dei somari:
nelle auguste  sedi delle università.


Tant’è che nel governo del momento
grande vergogna e scherno ha suscitato
non tanto quello strano accoppiamento,
ma che ci fosse dentro un diplomato.


E quindi questa nostra evoluzione,
ch’è sulla terra invidia delle genti,
gran segno ed anche ammirazione
d’imperituri eventi


tosto sarà memento.
L’Italia ancor baciata
d’altro rinascimento,
e finalmente riscattata.

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