E quando fu finito
guardai Dante
che scevro di sorriso
mi fissava
come di chi n’avesse
viste tante,
mentre s’udì d’abbasso uno c’urlava
appeso sulla cinghia
come tutti,
ma che con gran
veemenza protestava,
gridando sotto a quei gran ceffi brutti
di non aver mai
fatto male alcuno,
ma ricevendo solo
scherni e rutti.
Chiesi al poeta allor, ch’ero digiuno,
ed ei mi ragguagliò
sul caso strano
di chi senza toccar
bambino alcuno
trovossi sì scoperto il deretano.
– Son quelli ch’han
difeso e ch’hanno assolto
come costui ch’era
carmelitano,
qual fosse a loro stessi stato tolto
da quei perversi
della peggior specie
il bel sorriso dei
bambin dal volto,
al posto del buon Dio ed in sua vece.
Maxime, tra superbia
e presunzione,
di poter farlo sol
con una prece.
Un prete di Ferrara, Pietro il nome, –
nel proseguire mi
spiegò il divino,
– scoprì per figlio
un grosso ragazzone
allor che la sua madre, quel meschino,
aveva da bambina violentato.
E dopo aver negato
per benino
messo alle strette fu da un magistrato,
giustificando la rinnegazione
perché’l Signor
l’aveva perdonato
per mezzo dell’indegna assoluzione
di quello frate
urlante ormai dannato.
Ma presto avrà la
stessa punizione.
Per questo – disse Dante – m’hai sognato.
– Che né perdono né
salvezza avrà
colui che d’un
bambino avrà abusato.
Ma sol
l’inferno per l’eternità –
FINE
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