Di certo la natura, nel suo incedere
selettivo, ha dovuto percorrere sentieri impervi e rischiosi. Ad ogni passo
trovando sul suo cammino tranelli spaventosi, cadendo nei quali avrebbe
ottenuto il risultato opposto. L’estinzione della specie che avrebbe voluto far
progredire.
Fornire gli uomini di autocoscienza deve
essere stato uno di quei passaggi. Il salto immenso ed inspiegabile dalla
conoscenza alla conoscenza di conoscere.
Dotare un animale, sbattuto nel mondo a
cercare da solo la sua strada, di una autocoscienza ha significato, infatti,
renderlo consapevole che il fallimento sarebbe costato la morte. Una conoscenza
insopportabile, per chi ha programmata
dentro di sé la paura della fine, come il peggiore dei mali.
Chi sopporterebbe il fardello di sudare e
annientarsi di fatica per una vita così misera, quando con un semplice pugnale
potrebbe liberarsi dal peso? Dice Shakespeare.
Il tempo a sua disposizione ha dovuto aiutare
la natura. Milioni di anni e di suicidi, che le hanno consentito di trovare
l’antidoto. Un ormone dal nome gentile, prodotto da noi stessi, che creasse
l’illusione di un mondo amichevole e benigno. La serotonina.
La sua mancanza sprofonda l’uomo negli abissi della depressione. Forse la
condizione normale dei primi, sfortunati sperimentatori dell’autocoscienza.
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