sabato 1 febbraio 2014

AI MIEI NIPOTI


La luce fredda d’uno schermo piatto
vi tiene sulle spine,
mentre vi ronfo intorno come un gatto
per porre ad essa fine.


Vi parlo allor di vecchie ormai stagioni,
di pietre arroventate.
Di braccia aduste tese sui covoni.
Di limpide serate.

D’androni strepitanti di bambini
l’orecchio vi accarezzo,
che tengon sottobraccio i giornalini
in palio a sette e mezzo.

Pieni i torrioni di canaglie urlanti
che tirano a pallone
colpendo abbandonati anche i passanti
alla rassegnazione,

vi dico. E degli stoppacci aguzzi
il volo sincopato
sull’erte scalinate, bianchi a spruzzi,
e il grido: l’ho ammazzato.

Di fughe per i vicoli consunti
sfuggendo un grosso ombrello
vi racconto, quando impazzito a quello
suonò il suo campanello.

E vi descrivo quei rocchetti strani
legati ai cinturoni
fatti da chi lanciava con le mani
in aria gli aquiloni.

Di file di palline in posa lasca
con il gran gullo in testa
e quelle vinte a risuonare in tasca
come campane in festa.

Di tutto questo infin vi posso dire,
qual favola di sera
però; che mai potreste voi capire
ch’è la mia infanzia vera.

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