martedì 28 novembre 2017

M’arcord




Ricordo i tetti e i cineri orizzonti
dei colli digradanti alle vallate;
ricordo i giorni caldi dell’estate
ed i pennacchi scuri sopra i monti.

La marna calcinata al solleone
ed i falaschi gialli dei dirupi
la corsa quotidiana e le persone
e i giorni della vita allegri o cupi.

Il tempo della prima sigaretta,
lo sguardo dell’amico più sincero.
Il primo giro sopra una lambretta
la vista dai torrioni al cimitero.

Il fuoco degli inverni sulle mani
ricordo, per i giochi sulla neve;
ricordo le speranze dei domani
e le ragazze con lo sguardo lieve.

Quella città, struggente e dolce era
nell’umido travaso di autunnali
caligini  fumanti, che spettrali,
dalle Cesane calavano di sera.

Ombre solinghe, sgusciate dai tuguri
o risvegliato il sonno dagli annali,
vedevi camminar rasente ai muri
avvolti nei velari tutti uguali.

Senza paura, allora, senza quei timori
che il cuore pompa quando il mondo è vuoto;
perché sentivi sempre dai rumori
che circolava il sangue nell’ignoto.

E la città pulsava ai tempi miei
scomparsi, ormai. Perché se’n te se acort
adess tle strad en vedi più i burdei
e sensa i abitant…  Urbin è mort.*

·         Traduzione
Perché se non ti sei accorto
adesso per strada non vedi più i bambini
   e senza gli abitanti… Urbino è morta.

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