Da tempi antichissimi l’uomo ha attribuito
all’acqua poteri taumaturgici. Egli ha da sempre individuato, nelle stranezze
di graveolenti fonti termali, misteriosi poteri curativi e la sorgente, intesa
come luogo da cui sgorgano acque fresche e purissime, ha attratto
l’immaginazione rigogliosa dei poeti e dei ministri dei culti religiosi. Benché
ridotto ormai ad una cloaca a cielo aperto, il Gange, sacro fiume indiano, è ancora
oggi continuamente visitato da pellegrini che si vogliono immergere nelle sue
acque. In ogni religione si menzionano antiche fonti, lavacri misteriosi in
grado di redimere e le Naiadi, leggiadre ninfe delle acque, danzano di notte
intorno ai laghi e ai fiumi d’Europa. Milioni di malati si bagnano ogni anno nelle
piscine di Lourdes, colmi di speranza.
Uno sviluppo ulteriore si ebbe quando
qualcuno cominciò ad attribuire all’acqua un sacrale potere di redenzione,
senza bisogno di recarsi nei luoghi impervi delle sorgenti e delle cascate di
montagna. Le chiese si riempirono allora di aspersori e acquasantiere, ripiene
di un liquido purificatore preparato dal sacerdote. Non era più necessario
conoscerne la provenienza. Bastava che il prete facesse dei segni misteriosi
sopra la superficie di un’acqua qualunque, per conferire ad essa un potere
salvifico. E una volta benedetta la si chiamò “santa”. Il rito non modificava in alcun modo le
caratteristiche fisico-chimiche del liquido consacrato, che sembrava
perfettamente identico a prima. Eppure, per farsela aspergere o portarsela a
casa, molti fedeli furono perfino disposti a non lesinare delle sostanziose
“offerte”. Ricordo ancora un famoso allenatore di calcio che, prima delle
partite, ci si strofinava furiosamente le mani, non certo per disinfettarle.
Questa irresistibile attrazione non poteva
sfuggire a individui dalla più disparata intraprendenza. Infatti cominciarono a
comparire acque giurassiche, acque mnemoniche, acque olistiche, acque energetiche
e così via, che diedero la stura ad un commercio dalla incredibile variabilità.
Un commercio caratterizzato sempre dalla stessa merce: l’acqua fresca. Un
liquido cioè molto abbondante sulla terra il quale, opportunamente trattato, pur
mantenendo in apparenza lo stesso aspetto era in grado di assumere poteri
speciali, dovuti alla presenza del
misterioso fluido metafisico che la mente umana non comprende, ma
percepisce.
Questi rimedi ebbero fortune alterne e
alquanto circoscritte, tranne uno: l’omeopatia.
Per qualche misterioso motivo, anzi, quest’ultima assurse alla dignità
di medicina “integrativa” ed i suoi preparati furono addirittura messi in
vendita nelle farmacie. Ma sempre della stessa cosa si trattava. Infatti se io
metto una goccia di latte in un litro d’acqua, soltanto un pazzo potrebbe sostenere
che se bevo quel litro d’acqua dovrei sentirmi sazio. Quando però l’omeopata
prende una goccia di quel preparato e la mette in un altro litro d’acqua,
ripetendo questa operazione decine di volte, a quel punto neanche uno
scervellato potrebbe avere più dubbi, tali da sostenere che dentro quel liquido
ci sia ancora una presenza del prezioso nutrimento. Nessuno potrebbe sostenerlo,
tranne l’omeopata, il quale invece afferma che, nonostante le diluizioni, la
quantità infinitesimale di latte ancora presente nel liquido è in grado di far
sentire ed esplicare i suoi benefici effetti sulla salute. E devono essere
tanti coloro che ci credono, se è vero che pur di assumere tali preparati in
piccole dosi, essi fanno vorticare un giro d’affari che dà le vertigini, pensando
al suo ammontare.
Tutti clienti sottratti dalla concorrenza all’acqua
santa, con grave scorno e scapito per la chiesa cattolica. Sarà un segno del
suo declino?
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