lunedì 13 aprile 2015

ESPERIE - 1



Non appena te la sposi
è un crescendo senza fine;
sempre inquieta le mattine
nonostante i generosi
sforzi, insieme alle moine,
che ti provi ad elargire
per calmarle la caldana
inspiegabile ed insana,
che non sai tu definire
e che sembra una mattana.
Poi da solo sempre t’alzi,
perché già da chissà quanto
s’è infilata il grosso guanto
e pulisce a piedi scalzi
la cucina in ogni canto.
Lento e triste vai al bagno
ma un bel giorno te la vedi
che ti urla: “Cosa credi,
d’esser forse in uno stagno?
Qui non puoi pisciare in piedi!”
Sembra avere sempre fretta,
compra solo detersivi
spugne, spazzole, abrasivi
e di spray che disinfetta
mai non siamo in casa privi.
Guai se casca una mollica,
dentro sol con le pattine,
non si vede più il confine,
tra il sudore e la  fatica,
dell’inizio e della fine.
D’una macchia impertinente
sulla lucida credenza
basta solo lo parvenza
per mandarla come niente
in furiosa escandescenza.
Un calzino fuori posto
o un cassetto poco chiuso
o del cesso troppo uso,
anche se son indisposto,
e la vedi già col muso.
Senza tante riflessioni
ha voluto anche il folletto
ed aspira sotto il letto,
sulle scale ed i balconi
la cantina e il sottotetto.
Spolverate le poltrone,
la finestra sfolgorante,
con gli amici al ristorante
rigorosa distinzione;
noi si parla di pallone
mentre loro, ad ogni istante,
sol che la televisione
reclamizza il brillantante
e la sterilizzazione.
D’esser dentro un ospedale
qualche volta m’è sembrato,
meditando in casa mia
nella grande pulizia.
E mi chiedo sconsolato:
com’è nata ‘sta pazzia?

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