mercoledì 18 marzo 2015

LA SPERANZA


Ma che cos’è quel focolare acceso
che getta lampi oltre la coltre scura?
Quel segno d’una forza sconfinata
che manifesta quando guardo il cielo
la straordinaria immagine stellata?
Intorno a loro c’era solo gelo;
crudo dolore e pianto in camerata.
Un fumo si sfilava dal camino
e lento nella notte s’allungava.
Alla finestra rorida un bambino
seguiva con lo sguardo, proprio là,
nell’aria tersa quella danza strana,
fino alle stelle, nell’oscurità.
Chiesero allora al cielo di fermare,
umidi occhi volti a quel mistero,
almeno per un piccolo momento
le ruote dell’orribile ingranaggio,
il lento programmato annientamento.
Non è un colore però affatto il nero,
ma solamente assenza d’ogni raggio
e nulla giunse infatti da lassù.
Da quella grande e immensa lontananza
nessuno mosse un dito a quel lamento,
nessuno ad aiutare scese giù.
Talvolta un grido sembra solcar l’onda
del turbine infuriato degli dèi,
voce d’un bimbo che trasporta il vento,
nel tempo chiuso ormai, che si rinserra,
come fa il mare quando un peso affonda:
“Bambino del futuro, che ora sei,
se vuoi speranza, volgi gli occhi a terra!”

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